Pubblicato il 30/04/16 da Neko Polpo

Deep Flare Explorer – Intervista a BTSeven (parte 2)

Ecco finalmente la seconda parte della nostra intervista a BTSeven, lo studio responsabile di Deep Flare Explorer. Prima di lasciarvi alle risposte del team senese, vi piazzo qui il link alla campagna Kickstarter e vi ricordo di dare un occhio alla prima parte della nostra chiacchierata.

Tornando al sistema di umore del protagonista, non pensate che questo possa paradossalmente creare una sconnessione con quello che è il reale stato emotivo del giocatore?

Matteo: È un rischio che c’è. Però il giocatore può benissimo tranquillizzare il suo avatar digitale dedicandosi a compiti meno impegnativi. Abbiamo congegnato un gameplay non lineare anche per questo.

Simone: Alla fine William non va considerato come un cucciolo da accudire.

Andrea: Non è un Tamagochi!

Simone: William (sempre visibile in basso a sinistra dell’HUB di gioco NdR) è stato il miglior strumento che ci è venuto in mente per aumentare l’empatia del giocatore con quelle che sono le difficili situazioni di gioco, tra tempeste magnetiche e fasci di asteroidi. Ritornando alla domanda, magari nei primi secondi di gioco ci potrebbe essere una sconnessione emotiva tra giocatore e pilota, ma sono sicuro che William non ci metterà molto a “rovinarti” la giornata.

Andrea: Sì perché Deep Flare Explorer non sarà un gioco prettamente facile. Anzi, la nostra intenzione è quella di mantenere un buon livello di sfida per tutta l’esperienza.

Matteo: Questo lasciando però al giocatore il diritto di abbandonare i “dungeon” più complicati, rendendo obbligatorie, per il proseguimento delle vicende, solo le missioni più superficiali.

Andrea: Inutile dire che per scoprire tutti i risvolti della trama sarà necessario esplorare il più possibile l’universo di Deep Flare.

Come è stato scrivere una sceneggiatura così ramificata?

Matteo: Non lo posso ancora dire, ci sto tutt’ora lavorando. Per adesso è un processo molto complicato. Sto cercando di rendere interessanti tutte le vie perseguibili dal giocatore. Se guardo la mia scrivania in questo momento è completamente sommersa da appunti.

Michele: Uno magari non ci pensa ma in un gioco come questo la sceneggiatura è una delle feature che vanno testate di più: imprecisioni ed incongruenze sono sempre dietro l’angolo.

Ci sarà un vero endgame oppure il giocatore sarà spinto a smettere di giocare non appena avrà percepito di aver appreso tutto il possibile dalla trama?

Matteo: Non ci sarà un finale. Ci saranno più finali!

Simone: Però non aspettarti un epilogo buono o cattivo. Non vogliamo privare di un degno finale quei giocatori che non saranno riusciti a completare tutte le missioni. Ci saranno una serie di conclusioni grigie, ecco. La scelta di affidarci ad una grafica bidimensionale – più facilmente gestibile – ci ha permesso davvero di sbizzarrici con le cutscenes.

Come vi siete approcciati alla pixel art? Avete provato a replicare uno stile specifico? Avete fatto delle ricerche?

Simone: Sì, sicuramente abbiamo analizzato da vicino quei titoli che ci sembravano in grado di trasmettere sensazioni simili a quelle che noi vogliamo trasmettere ai nostri giocatori. La prima alpha aveva una pixel art abbastanza generica poi, non appena ci siamo resi conto di dover rappresentare soprattutto delle ambientazioni cupe, abbiamo virato verso uno stile marcatamente influenzato da Super Metroid.

Andrea: Non era nostra intenzione omaggiare direttamente il capolavoro Nintendo, semplicemente quello stile ci sembrava un buon punto di partenza per creare delle atmosfere funzionali alla storia che vogliamo raccontare. Il nostro primo scopo è che l’aspetto grafico risulti efficace ed immediatamente riconoscibile.

Simone: Non siamo puristi. Abbiamo usato degli effetti moderni per potenziare i pixel crudi, rinunciando forse al fascino rétro ma guadagnando uno stile ibrido che potrebbe risultare ugualmente affascinante.

Una delle prime cose che mi ha stupito di Deep Flare Explorer è vedere un character design nipponico inserito in un genere storicamente occidentale. Come mai questo curioso accostamento?

Simone: Io sono cresciuto con anime e manga, quindi il mio stile di disegno è stato inevitabilmente segnato a vita. Non lo faccio apposta a disegnare con quei tratti! La mia è una generazione ossessionata dal Giappone, me ne sono reso conto frequentato la Scuola Comics di Firenze. Poi se il Boss (Matteo NdR) mi dice di infondere intrigo e mistero con le mie matite è chiaro che il pensiero corre a Neon Genesis Evangelion. Devo dire che lo stile orientale è una delle cose che destabilizza di più, alcuni ci hanno anche criticato per questa “scelta”.

Matteo: In realtà penso che sia uno dei nostri punti di forza. Sicuramente ci differenzia da altre produzioni.

Simone: Comunque la scuola giapponese si vede anche nella sceneggiatura. La complessità emotiva dei personaggi ed il ritmo narrativo che abbiamo usato potrebbe ricordare in qualche modo alcuni cardini della narrazione nipponica.

Andrea: Però non abbiamo ignorato il feedback dei giocatori, basti guardare i nostri story-trailer per rendersi conto di quando stilisticamente ci siamo evoluti da quel primo prototipo presentato allo Svilupparty del 2015. Le critiche ricevute a Bologna ci hanno davvero spronato per lavorare al meglio su ogni aspetto grafico.

La pixel art è lo strumento ideale per rappresentare le atmosfere del vostro titolo?

Simone: Una grotta buia con 3D a mille è chiaro che ha un bell’effetto.

Andrea: Il 3D è spaventoso se fatto bene, appunto. Non saprei dirti se la pixel art è lo strumento ideale però, da quel che abbiamo visto nelle fiere a cui appiano partecipato, anche quando abbiamo fatto giocare Deep Flare Explorer senza alcun stimolo uditivo siamo comunque riusciti ad ottenere delle ottime risposte emotive dalle nostre cavie: abbiamo visto gente saltare sulle sedie!

Quindi avete riservato una particolare attenzione anche al vostro comparto sonoro?

Paolo: Sì certo. Io nasco come musicista e tecnico del suono ma, grazie ad i miei studi, mi sono avvicinato anche al mondo dei sound designer. Rifacendomi a Diego Stocco (un mio mito personale), mi sono intestardito nel voler creare autonomamente quasi tutti i suoni utilizzati nel nostro gioco, rinunciando all’utilizzo di librerie sonore più comode ma sicuramente meno efficaci per creare un qualcosa di unico. Mi sono divertito molto! Ad esempio per simulare il suono del ghiaccio che si frantuma ho usato un barattolino del gelato, mentre per l’astronave che si tuffa nelle acque di Europa abbiamo gettato Michele in piscina!

Visto che si tratta di una science fiction e non di un fantasy spaziale, come avete trattato il comparto prettamente scientifico?

Matteo: La creazione dei pianeti, dall’estetica alle leggi fisiche che li governano, è stata guidata da quelli che sono i dati scientifici attualmente in possesso degli studiosi. Per essere i più fedeli possibili ci siamo avvalsi della consulenza di una nostra amica astrofisica.

Michele: Rispettosi sì, ma senza calcare troppo la mano.

Matteo: Diciamo che abbiamo cercato di inserire la componente fiction all’interno delle insenature lasciate ancora scoperte dalla scienza. Abbiamo sfruttato la Dark Side of the Moon.

Come mai avete deciso di lanciare una campagna Kickstarter?

Matteo: Dopo qualche mese di sviluppo ci siamo resi conto che sarebbe stato impossibile per noi portare a termine il progetto con le nostre sole finanze. Abbiamo cercato allora il supporto di alcuni publisher ma tutte le proposte che abbiamo ricevuto ci sono sembrate superficiali. Per questo a tortuosa strada del crowdfunding, sperando così di riuscire a pubblicare il nostro gioco subito in un formato completo, schivando la soluzione – non del tutto accantonata – di una pubblicazione episodica. Il peso che avrà la trama in Deep Flare Explorer ci ha fatto immediatamente scartare la possibilità di un Early Access.

Com’è progettare un Kickstarter?

Michele: Prima di tutto abbiamo seguito – e finanziato – molti progetti, per immergerci così in prima persona in questo sistema di finanziamento. L’obbiettivo era guardare cosa funzionava nelle altre campagne e capire cosa avremmo potuto offrire al nostro pubblico, oltre che al nostro gioco ovviamente. Parallelamente è partita la progettazione della nostra campagna marketing.

Parteciperete a qualche evento videoludico prossimamente?

Matteo: Sicuramente saremo allo Svilupparty a Bologna, per il resto vi terremo aggiornati sulle nostre pagine Facebook e Twitter.

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