Pubblicato il 15/09/14 da Neko Polpo

Appunti di Viaggio: Proteus

La prima volta in cui giocai Proteus stavo attraversando un periodo strano e malinconico, e non notai quanto fosse bello. Era l’estate scorsa, una sera in cui ero sola in casa a fine luglio, quando era troppo presto per iniziare a fare la valigia e troppo tardi per sopportare tranquillamente un’altra settimana di attesa prima di incontrare il mio ragazzo. La mia gatta in quel periodo era una neo-mamma acida e indaffarata che non si prestava facilmente a stare sul divano a sonnecchiare e fare le fusa per me. L’unica cosa disponibile era il Pc e quel gioco di cui il mio ragazzo mi aveva parlato tanto, sino a incuriosirmi e farmi promettere di giocarlo. Mi rimase poco e niente dell’esperienza sull’isola di Proteus, se non un vago senso di benessere, e temetti di non averlo capito.

PixelFloo.it - Proteus (3)
Uno scorcio del paesaggio a Primavera

Ora, dopo poco più di un anno, l’ho ripreso e vorrei scrivere due righe.
Per prima cosa vorrei invitarvi a restare un po’ sul menù all’avvio del gioco, aspettare che il sole tramonti e sorga la luna, “suonare” qualche stella e aspettare che il sole sorga ancora.
A ogni avvio la sagoma dell’isola sarà diversa, più o meno estesa o con un profilo più o meno frastagliato, anche se poi non cambia sostanzialmente niente durante il gioco: che l’isola abbia pianure più o meno estese, montagne più o meno aguzze o coste più o meno lunghe, ci saranno comunque tutti gli elementi che caratterizzano l’esperienza di Proteus. Ecco, magari un’isola più ampia con una morfologia più frastagliata, fatta di altipiani, colline e massicci montuosi, potrebbe essere un problema se si hanno difficoltà con l’orientamento, sopratutto quando si ha fretta di scatenare un particolare fenomeno. Inutilmente, tra l’altro, visto che l’isola funziona secondo i suoi ritmi e regala cose speciali solo in particolari condizioni che forse si verificano solo una volta a partita.

Strane presenze...
Strane presenze…

La prima volta in cui giocai, ad esempio, trovai un orso – che non sono più riuscita a incontrare – e un cerchio di totem, in primavera, arrivata al quale le stelle sono diventate dei palloni bianchi abbastanza grandi da fare concorrenza alla luna. Ovviamente tentai senza successo di ricreare il fenomeno correndo come una matta da una parte all’altra dell’isola (mi ero persa, colpa della penombra): ci sono riuscita la quarta volta in cui ho avviato il gioco, ritrovandomi per caso sulla stessa isola della prima volta.
Oltre a questi particolari feedback, l’isola è costruita per accogliere e cullare il giocatore. Tutto quel che incontriamo, dai fiori alle torri merlate, suona al nostro passaggio e non ci sono ostacoli di nessun tipo. Si può percorrere tutta la superficie dell’isola, mare compreso, ascoltando trombette, cinguettii, ticchettii, melodie, campanelli, strumenti a corda, ronzii e percussioni, tutti attivati dalla nostra presenza. Inoltre la notte dura poco, giusto per far sfilare la luna (sempre piena e luminosa), il sole schizza a mezzogiorno in pochi secondi e l’isola aspetta noi per cambiare stagione – e quindi i suoi suoni e i suoi ritmi.

Anche l'inverno ha colori allegri sull'isola di Proteus
Anche l’inverno ha colori allegri sull’isola di Proteus

A questa ospitalità sonora si uniscono i colori, talmente accesi e brillanti che neanche le bufere invernali, quando le nuvole e la neve coprono tutto, riescono a ingrigirli, in modo che l’isola non rimanga MAI davvero al buio.
È un “piccolo” paradiso costruito volta per volta per allontanare un po’ il dolore e la tristezza semplicemente aprendosi a chi vuole entrarci, senza dare particolari obiettivi o “missioni” al giocatore, rispettando i nostri ritmi e chiedendoci di rispettare i suoi.
Quando infine l’isola sarà stanca ci chiederà di uscire, per aprirsi di nuovo a primavera se vorremo tornarci.

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