Woodle Tree Adventures è un piccolo platform tutto italiano che ho appena avuto il piacere di recensire (qui l’articolo). Si tratta di un titolo che punta molto sulla semplicità delle meccaniche al fine di offrire al giocatore la sensazione di felicità nell’abitare un ambiente dalle tinte sgargianti e dalle atmosfere serene. L’intervista a Fabio Ferrara (di Chubby Pixel), ideatore del gioco, si è rivelata un’interessante occasione per parlare dei modi d’intendere il medium videoludico in generale:
Gabriele: Innanzitutto, chi si “cela” dietro il progetto Woodle Tree Adventures?
Fabio: Allora, dietro allo sviluppo del gioco ci siamo io (Fabio Ferrara), che mi occupo dello sviluppo dell’intero gioco, dalla modellazione 3D, dei suoni e della programmazione, mentre Giulia Airoldi che si occupa del concept e dei personaggi. Ci sono anche altri collaboratori, come Lucrezia Fratto, che ci aiuta durante gli eventi e per lo sviluppo della storia.
G: Hai già lavorato su altri titoli? Se sì, quali?
F: Io, personalmente, ho lavorato già ad altri giochi e piccoli esperimenti che potete trovare all’indirizzo www.ferrarafabio.com
G: Quali sono le fonti di ispirazione che ti guidano nello sviluppo di videogiochi? Ci sono giochi che apprezzi particolarmente e che consideri come dei punti di riferimento anche per la tua produzione?
F: Le più grandi fonti di ispirazione sono i giochi Nintendo come era possibile immaginare già dallo stile di Woodle, in particolare tutti i giochi di Mario e Zelda. Gioco pure a tantissimi indie games, per cui sicuramente l’ispirazione viene anche, involontariamente, da quelli.
G: Parlando del vostro gioco citate Banjo Kazooie e Super Mario 64. Quanto il retrogaming è importante per voi e cosa può insegnare ai giochi strettamente contemporanei?
F: Domanda difficile… Credo che tutti i giochi moderni prendano come base i giochi del passato per creare nuove meccaniche, sempre più originali e al passo con i tempi. Woodle Tree Adventures prende spunto dai platform del passato, cercando di rendere il tutto più veloce e immediato per poter rimanere al passo con i tempi, in cui tutto è usufruibile in davvero pochissimo tempo.
G: Un altro riferimento è ai cosiddetti “art game”: che cos’è , per voi, un “art game” e in cosa Woodle Tree Adventures può essere considerato “art”?
F: Quello dell’Art Game credo sia un genere ancora non ben definito, essendo il medium del videogioco ancora relativamente giovane. Credo debba passare ancora molto tempo prima che nascano dei giochi che possano davvero definirsi “Arte”. Con Woodle ho provato a creare qualcosa che fosse leggermente diverso dai videogiochi “tradizionali”, cercando di fondere musica, movimenti di camera e un’interfaccia di gioco praticamente assente, dato che molte cose sono “intuibili” durante l’esperienza di gioco.
G: Recentemente molti giochi d’area indie si sono visti appioppare l’appellativo di “non-gioco” (è una querelle che va avanti da molto, forse troppo tempo…), perché pare che senza sfida e/o con la sola possibilità di muoversi in un ambiente videoludico non si possa più parlare di “videogiochi”. Woodle Tree Adventures annulla la componente di sfida e riduce anche la rosa di movimenti concessi al giocatore. Come vi ponete nei confronti di questo “dibattito”?
F: È sicuramente un’area ancora più difficile da definire rispetto a quella degli “Art Games”. Vengono definiti “non giochi” quelli in cui non c’è un reale vincitore né uno scopo da raggiungere, ma penso che, finché ci sia “engagement” da parte del giocatore, sia il giocatore stesso che inizia a crearsi dei suoi obiettivi personali, da raggiungere all’interno di quel mondo… Quindi in quel momento torna ad essere gioco, secondo me. Un po’ come nella vita, se vogliamo essere filosofi.
G: Quali giochi hai apprezzato maggiormente, di recente?
F: Ultimamente sto giocando a tantissimi giochi. Uno di quelli che ho apprezzato maggiormente è Ni No Kuni per lo stile incredibile e i mondi credibilissimi che quelli di Level 5 sono riusciti a ricreare assieme allo Studio Ghibli: da tempo volevo giocare ad un gioco ambientato in un mondo simile a quello di Spirited Away. Altri, per esempio, sono Nuclear Throne e Luftrauser dello studio indipendente Vlambeer: seguo da parecchio i loro giochi, che credo siano tra i titoli meglio bilanciati che abbia mai giocato a livello di gameplay, cosa davvero difficile da realizzare, come ho avuto modo di provare sulla mia pelle.
G: Chubby Pixel ha presentato Woodle Tree Adventures anche allo Svilupparty di Bologna di quest’anno, se non sbaglio. Come vi siete trovati all’evento, cosa ne pensate e quali altre realtà italiane avete avuto modo di conoscere e apprezzare di più?
F: Sì, siamo stati all’evento, anche se solo per un giorno. E’ stato molto utile, soprattutto per conoscere nuovi sviluppatori e ritrovare facce già viste. Tra gli sviluppatori più promettenti penso ci siano i ragazzi di In Verbis Virtus [qui la recensione del nostro Ruger! N.d.A.] e quelli di 48h Studio.
G: Il lavoro su Woodle Tree Adventures continua ancora adesso?
F: Il gioco è in continuo mutamento, con patch e aggiornamenti che sto cercando di rilasciare in modo costante per mantenere l’interesse su di esso. Riuscire a soddisfare i giocatori è un lavoro continuo! Mi piacerebbe riuscire a portare il gioco anche su altre piattaforme e su console in futuro.
G: Il videogioco è certo un fantastico mezzo di intrattenimento, come conferma il vostro gioco. Ma l’interazione può diventare anche mezzo di comunicazione politico e/o filosofico, giusto per fare un esempio?
F: Sicuramente. Uno dei più recenti esempi è Papers, Please, che credo possa dare un’idea (anche se, forse, approssimativa) di cosa vuol dire fare l’ispettore al punto di controllo di una frontiera e di quali siano le responsabilità e le difficoltà a cui questi ultimi sono sottoposti.
G: A proposito della trama: la storia in un videogioco conta? E quanto? Per te ha più senso trasmettere un messaggio, un senso, anche un contenuto, perché no, lavorando sulle specificità del mezzo (le dinamiche di interazione) o affidandosi alla trama?
F: Sicuramente il miglior modo per comunicare un messaggio è riuscendo ad utilizzare al meglio il medium con cui si vuole trasmetterlo e credo che, per quanto riguarda il videogioco, la trama sia secondaria. Il lavoro sulle dinamiche di interazione e sulla fusione tra elementi visivi e sonori credo sia il metodo migliore.
G: Progetti futuri.
F: Ancora non posso parlarne, però stiamo lavorando anche a nuovi titoli!