Quando un gioco di ruolo giapponese torna sul mercato in forma rimasterizzata, la domanda che molti giocatori si pongono è sempre la stessa: ha senso giocarlo oggi? Nel caso di Tales of Xillia Remastered, Bandai Namco ripropone un capitolo che, nel 2011, segnò per la serie un momento particolare: da un lato il desiderio di rinnovamento, dall’altro una certa prudenza nel non snaturare un’identità che i fan seguivano da anni. Questa remastered si inserisce in un panorama ormai ricchissimo di JRPG moderni, ma anche di perle del passato più o meno lontano riproposte con svariati svecchiamenti e diventa interessante capire come si comporti oggi un titolo costruito sulle esigenze di due generazioni fa.
La risposta, come spesso accade, non è immediata. Tales of Xillia è un prodotto profondamente figlio del suo contesto originale, ma non per questo incapace di parlare al pubblico attuale. Il suo ritorno non punta a reinventarlo: si limita a ripulire, ritoccare, sistemare l’impianto tecnico quel tanto che basta per metterlo in linea con le aspettative base dei giocatori contemporanei. Ma la domanda è una soltanto: è degno di essere ancora giocato ai giorni nostri?
Scopriamolo insieme.
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Jude e Milla e Riese Maxia – Una storia avvincente ma senza troppe pretese [Trama]
La storia di Tales of Xillia non sorprende certo per la sua originalità. Non è di certo caratterizzata dall’epicità dei classici made in Square Enix, né un racconto particolarmente sofisticato con elementi filosofici alla Xenoblade o politici, come un Final Fantasy Tactics. La trama principale ruota attorno a due protagonisti – Jude Mathis, giovane studente di medicina, e Milla Maxwell, incarnazione fisica del Signore degli Spiriti – che si trovano coinvolti in un conflitto tra scienza, spiriti e poteri militari. I due sono legati da un incontro casuale che, come tradizione JRPG vuole, darà inizio ad un’avventura più grande di loro.
All’avvio di una nuova partita, il gioco permette di scegliere uno dei due personaggi in modo da seguirne il punto di vista principale, scelta che in origine fu molto pubblicizzata e che oggi appare meno incisiva, pur offrendo qualche variazione nei dialoghi in alcune sequenze narrative, che però non porta nessun reale cambiamento alla storia di base, che rimane la stessa nella sostanza. La struttura è lineare: si attraversano regioni, si conoscono nuovi personaggi, si scoprono retroscena, si arriva a scontri sempre più ampi, esattamente come accade in capitoli della saga più blasonati, come gli ottimi Vesperia, Berseria e Abyss e nella maggior parte delle produzioni appartenenti al genere. Non ci sono quindi sorprese particolari e, anzi, a volte il ritmo tende a dilungarsi, soprattutto nella parte centrale.
Dove Tales of Xillia riesce davvero a colpire non è nella macro-struttura, ma nel microcosmo dei rapporti tra i membri del party. Le “skit”, brevi scenette completamente opzionali – tipiche della serie – sono ancora oggi uno degli elementi più riusciti: frammenti di dialogo informale che tratteggiano le personalità dei protagonisti molto meglio di quanto faccia la narrazione principale e che aiutano il giocatore a conoscerli meglio e ad empatizzare con loro.
Jude e Milla sono figure complementari: il primo è insicuro ma mosso da grande determinazione, lei è distante, quasi aliena, ma nel corso dell’avventura riesce a costruire un rapporto più umano con Rieze Maxia, ossia il mondo che intende proteggere. Attorno a loro si compone un gruppo variegato, in cui ogni personaggio – da Alvin a Elize, da Leia a Rowen – ha una personalità ben sviluppata e credibile, sebbene ognuno di loro rappresenti un po’ uno stereotipo. Non tutto però funziona. Senza scendere nei dettagli vi basti sapere che alcune motivazioni che muovono i protagonisti appaiono talvolta un po’ affrettate, e certe svolte narrative risultano forse un po’ forzate. Tuttavia, se si accetta la sua natura di JRPG “classico”, Xillia riesce a costruire un mondo coerente e una storia piacevole, seppur non eccellente, da seguire.
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Un combat system immediato ma con un pizzico di profondità [Gameplay]
Il cuore pulsante di Tales of Xillia risiede il suo sistema di combattimento. La serie, dalla seconda metà degli anni 2000 in poi, aveva trovato nel movimento libero in arene chiuse e nell’azione in tempo reale un marchio distintivo. Xillia non fa eccezione: è un gioco dinamico, rapido, che richiede attenzione più che pianificazione estrema. Il combattimento non si basa su combo particolarmente elaborate da memorizzare, ma sulla capacità di collegare attacchi fisici e arti in sequenze fluide, alternando offensive e difensive.
Uno degli elementi più caratteristici rimane il Link Mode, che permette di associare un personaggio a un altro del party per condividere abilità e ottenere effetti combinati. Questa funzione, all’epoca considerata una delle innovazioni principali del titolo, oggi appare meno sorprendente, ma rimane godibile: alcuni personaggi offrono bonus di supporto, altri potenziano le combo, altri ancora garantiscono effetti difensivi. Nella pratica, il sistema spinge a non combattere mai isolati, ma a pensare al party come un’unica entità, sfruttando sinergie che variano a seconda del tipo di nemico.
La progressione dei personaggi utilizza il Lilium Orb, una sorta di griglia sferica che permette di sbloccare nuove abilità e statistiche. È un sistema abbastanza semplice: la crescita non presenta grandi scelte tattiche, ma richiede al giocatore di dirigere lo sviluppo verso ciò che ritiene più utile. È un approccio meno macchinoso rispetto a meccaniche presenti in altri JRPG della stessa epoca, e ancora oggi funziona, perché risulta comunque abbastanza intuitivo e soddisfacente.
L’esplorazione è probabilmente l’aspetto che mostra di più i suoi anni. Le mappe delle aree sono relativamente lineari, un po’ spoglie e tendono a somigliarsi molto per struttura. Raramente si ha l’impressione di scoprire qualcosa di inatteso: l’impostazione è quella tipica dei JRPG low tier pre-PS4, dove le ambientazioni sono piuttosto lineari con pochissimi tesori e segreti da scoprire.
Un discorso a parte merita la gestione delle missioni secondarie. Non sono molte, e la maggior parte rientra nelle categorie più tradizionali, ossia fetch quest che talvolta faranno assistere a qualche dialogo interessante. Alcune infatti riescono a valorizzare i personaggi, approfondendo temi già accennati nei momenti principali. Anche qui, niente di straordinario, ma abbastanza per dare respiro all’avventura.
Nel complesso il gameplay funziona ancora bene, soprattutto grazie a un combat system che, pur essendo stato superato da soluzioni più moderne – anche all’interno della stessa serie – resta piacevole, immediato e fluido. È un gioco pensato più per l’azione che per la strategia, e oggi questo lo rende particolarmente accessibile, anche a chi non ha una lunga esperienza con i JRPG.
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Una remastered pulita e scintillante priva però di novità [Qualità della remaster]
Sulla parte tecnica bisogna fare una distinzione chiara: Tales of Xillia Remastered non è un remake, e non intende in nessun modo esserlo. Non vuole stravolgere il materiale originale, né proporre un nuovo standard grafico. L’obiettivo è offrire un’edizione più pulita, stabile e definita, migliorando alcuni elementi visivi per renderlo fruibile e godibile sulle console e i PC odierni.
L’incremento principale riguarda la risoluzione, ora più alta e stabile, e un pacchetto di texture leggermente migliorato. Il miglioramento si avverte soprattutto nei modelli dei personaggi principali, che risultano più definiti e meno “impastati” rispetto alla versione PlayStation 3, sebbene le loro animazioni risultino abbastanza ingessate. I fondali e le ambientazioni, invece, mostrano limiti evidenti: essendo stati costruiti con tecniche di oltre dieci anni fa, tendono ad apparire piatti, con un uso dei colori e delle forme che tradisce l’origine old-gen.
L’illuminazione è un altro elemento che resta fortemente legato alla versione originale: piuttosto uniforme, poco dinamica. Per chi proviene da giochi moderni potrebbe risultare un po’ artificiale, ma rientra nello stile della serie, sempre escludendo quella perla visiva che è Tales of Arise, ultimo capitolo del brand rilasciato nel 2021.
A livello di prestazioni, il gioco gira in modo stabile, almeno su Playstation 5 (versione da noi testata). Non ci sono rallentamenti evidenti, e i caricamenti risultano rapidi. Non c’è però alcun tentativo di rinnovare l’esperienza: non ci sono nuovi modelli, nuove animazioni, nuove aree o personaggi aggiuntivi. Chi si aspettava una modernizzazione più profonda potrebbe restare deluso, anche sé il sottotitolo “remaster” già di per sé dovrebbe far intendere con precisione l’intento di questa riproposizione.
Una grafica piacevole ma datata [Grafica e tecnica]
Sul piano grafico, Tales of Xillia Remastered si posiziona in una categoria molto precisa: è un gioco del 2011 reso più nitido e più stabile, ma non ricostruito. La direzione artistica conserva ancora oggi una sua forza, soprattutto nei design dei personaggi e nelle loro espressioni. I colori sono vivaci, alcuni ambienti risultano ancora piacevoli da guardare, e lo stile anime rimane coerente e riconoscibile.
Tuttavia, non si può ignorare che molte aree appaiono semplici, prive di dettagli, con geometrie che nel 2025 risultano inevitabilmente vecchie. La remaster non cerca nemmeno di mascherare questi limiti. A volte sembra quasi di giocare un titolo “tirato a lucido”, ma pur sempre appartenente a un’altra epoca. Chi apprezza la grafica pulita, essenziale e stilizzata, potrebbe accettarla senza difficoltà; chi cerca un mondo visivamente ricco o effetti particellari moderni, troverà poco da soddisfare le proprie esigenze.
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Il sonoro: un comparto che resiste bene al tempo [Sonoro]
Se la grafica mostra tutta la sua età, il comparto sonoro invece regge molto meglio. Tales of Xillia può contare su una colonna sonora solida, firmata da Motoi Sakuraba, autore storico della serie. Le tracce spaziano tra brani più ritmati per i combattimenti e composizioni melodiche durante l’esplorazione. Non tutte sono memorabili, ma molte funzionano ancora bene (“Daring Sword” resta ad oggi una battle theme incalzante da morire), e riescono a creare la giusta atmosfera.
I temi di battaglia sono, appunto, probabilmente il punto più riuscito: energici, riconoscibili, capaci di sostenere il ritmo frenetico del combat system. Alcuni brani legati ai momenti più emotivi mantengono un tono adeguato, senza cercare eccessi orchestrali o melodrammatici.
Il doppiaggio – disponibile sia in inglese che in giapponese – resta di buona qualità. I personaggi, soprattutto in giapponese giovano di un’interpretazione coerente, anche se in alcuni casi lo stile recitativo può apparire leggermente datato rispetto agli alti standard moderni.
Tales of Xillia è quindi valido ancora oggi?
Al netto di tutto ciò che abbiamo discusso fino ad ora è giunto il momento di rispondere all’arduo quesito.
La risposta in realtà dipende molto dall’approccio e dai gusti del giocatore. Se ci si avvicina al titolo aspettandosi un JRPG complesso, ricco di sistemi articolati e di scelte narrative strutturate, probabilmente si rimarrà delusi. È un gioco che si affida alla sua immediatezza, alla sua semplicità e a un gruppo di personaggi ben costruiti, più che a un mondo vasto dalla lore corposa.
Al contrario, se si cerca un’esperienza scorrevole, con un combat system ancora piacevole e una storia lineare ma ben raccontata, Xillia può ancora regalare ore di intrattenimento. È un titolo che non pretende di stupire, ma che sa coinvolgere grazie alla cura posta nelle dinamiche del party e nella costruzione dei rapporti tra i personaggi.
La remaster è essenziale: migliora ciò che era necessario migliorare, ma non aggiunge nulla. È un’edizione pensata per far conoscere il gioco a chi non ebbe modo di provarlo all’epoca e per permettere ai fan di rigiocarlo in una forma più pulita e gradevole.
Conclusioni: un buon JPRG che farà felici gli appassioanati
Tales of Xillia Remastered è un recupero sobrio e funzionale di un JRPG che, nel 2011, rappresentava un buon equilibrio tra tradizione e modernità. Oggi risulta un titolo piacevole, con alcuni limiti evidenti, ma anche con un carattere che non è invecchiato del tutto che, però, sicuramente non raggiunge i guizzi narrativi di altri esponenti della serie, come possono essere gli eccellenti Vesperia o Berseria. Resta però, sicuramente, un’iterazione molto superiore a Tales of Graces, ripubblicato anch’esso in edizione remastered lo scorso anno.
La grafica mostra il peso degli anni, ma conserva una direzione artistica efficace; il sonoro resta solido; il gameplay è immediato e ancora godibile. Non è un gioco che punta in alto, ma un prodotto che, senza voler dimostrare nulla, riesce comunque a intrattenere e che regalerà ore di gioco piacevoli soprattutto a chi non lo ha mai provato prima, purché non abbia pretese esageratamente alte.
Ora però da Bandai Namco ci aspettiamo una bella remastered di Tales of The Abyss, uno dei migliori capitoli della saga, al momento confinato solo su 3DS per noi europei. Non deluderci.
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