The Town of Light è un’interessante avventura in prima persona, ambientata all’interno dell’ex ospedale psichiatrico di Volterra e incentrata sulla storia di una donna schizofrenica, Renèe. In occasione dello Svilupparty 2015 i nostri Illud e Honoo hanno incontrato Luca Dalcò, del team LKA, che si sta occupando dello sviluppo del titolo.
Gabriele: Cos’è e come è nato il progetto The Town of Light? Chi ci lavora, e da quanto?
Luca Dalcò: Il progetto è nato da un mio interesse personale verso la storia dell’Istituzione Manicomiale Italiana. È nato 3 anni fa come un progetto sperimentale le cui iniziali intenzioni erano quelle di indagare le potenzialità tecniche ed espressive della rappresentazione real time di ambienti esistenti attraverso la ricerca di forzature estetiche accompagnate da una narrazione fortemente legata all’ambiente stesso. Inizialmente ero poco più che solo in questa sperimentazione, ma lentamente e costantemente la squadra è cresciuta, il progetto è piaciuto, è cresciuto ed ha assunto le fattezze di un vero gioco grazie al grande entusiasmo e alla fiducia che tutto il team (che si autofinanzia con il proprio lavoro) ha riposto nel progetto. Oggi siamo in 12 ad occuparci della realizzazione del gioco, molti dei quali sono impegnati full-time sul progetto.
G: Prima le domande tecniche, visto il notevole impatto visivo del lavoro: quale engine state utilizzando, e quali sono le difficoltà che avete incontrato e state incontrando nel percorso di sviluppo?
L: Usiamo Unity 3D. Come tutti gli strumenti ha i suoi pregi e i suoi difetti, le difficoltà e gli imprevisti sono parte integrante dello sviluppo di un titolo così complesso, sono una costante a cui ci si deve abituare! Forse la più grossa difficoltà è stata quella di gestire scene molto complesse con un editor a 32-bit, poi fortunatamente qualche mese fa è arrivato Unity 5 che ha eliminato questo collo di bottiglia oltre a darci nuovi strumenti grafici che ci hanno permesso di fare un grosso passo in avanti da un punto di vista estetico. L’ottimizzazione delle prestazioni richiede una costante attenzione ed impegno e lo sviluppo di continue soluzioni personalizzate. È come potare una siepe che cresce ad una velocità tale che appena hai finito devi ricominciare, non so se rendo l’idea.
Honoo: Ho notato una caratterizzazione piuttosto “asciutta” dell’ambientazione. Ci saranno variazioni grafiche nel corso del gioco? Se sì, quali?
L: Si, la prima parte del gioco è “polverosa”, proprio come sono le controparti reali da cui abbiamo tratto ispirazione. Ci troveremo poi a giocare in ambienti profondamente diversi, umidi e gocciolanti, ventosi, nebbiosi. La resa estetica dell’ambiente segue quello che avviene nella gioco: ci vorrà un po di tempo per soffiare via la polvere dalla memoria della protagonista e riportarne alla luce i ricordi!
G: Mi sembra che una delle colonne portanti dell’esperienza sia l’interazione con il mondo di gioco e l’attenzione riposta alla “navigazione” spaziale dei vari ambienti. Quanto conta per voi l’ambiente nel vostro gioco e nel videogioco in generale?
L: Per noi l’ambiente è essenziale, segue la narrazione, la arricchisce e la rafforza. Credo che questo avvenga e debba avvenire in tutti i giochi, particolarmente parlando di avventure. In The Town of Light ci sono due grandi protagonisti: da una parte il malato di mente con le sue terribili difficoltà e dall’altra l’istituzione che conteneva la follia, ovvero il manicomio che viene rappresentato attraverso la sua struttura contenitiva. L’ambientazione per noi ha quindi un duplice valore ed oltre a immergere il giocatore e a comunicargli una serie di sensazione attraverso la sua estetica, è anche letteralmente protagonista nella storia stessa del gioco.
G: Un altro elemento interessante è l’attenzione riposta verso le meccaniche di gioco: si può dire che l’interazione sia in qualche modo “essenzializzata”, e che venga sfruttata proprio nei suoi meccanismi base (penso alla spettacolare sezione con la sedia a rotelle e alle variazioni di velocità di movimento del protagonista nelle parti più “disturbanti”)?
L: Si, l’interazione è semplice ed essenziale, se pure molto presente e importante. The Town of Light non è un “walking simulator” insomma, ma neanche una sequenza di rompicapo né tantomeno un FPS. L’immersione (nella storia della protagonista) è la nostra priorità assoluta, quindi interfaccia e comandi di gioco devono essere essenziali e funzionali. Abbiamo cercato di creare una esperienza di gameplay non ripetitiva, non abbiamo creato le meccaniche base per poi realizzare il gioco attraverso la ripetizione delle stesse meccaniche con differenti contenuti. Abbiamo preferito definire nei dettagli la nostra storia e solo dopo creare le meccaniche di gioco più adatte a raccontare le varie parti della storia.
G: Come procederanno la narrazione e l’esplorazione ambientale? Ci saranno bivi, scelte e/o percorsi nascosti?
L: La storia del gioco è una storia del passato, quindi non possiamo cambiarla, per evitare di privarla dello spessore e la credibilità necessaria, ma questo non vuol dire che sia un’esperienza lineare dall’inizio alla fine, tutt’altro! A seconda delle proprie scelte, il giocatore avrà modo di vivere e svelare la storia da punti di vista completamente diversi. Potremo ripercorrere la storia di Renèe razionalmente, attraverso lo sguardo clinico oppure riviverla attraverso gli occhi della follia, in modi diversi. Quale sia la visione corretta degli eventi lo dovrà decidere il giocatore! La storia dietro The Town of Light è molto complessa e dettagliata. La vita di Renèe è stata ricostruita nei minimi dettagli con un attenzione maniacale prima di metterne in scena alcuni frammenti all’interno del gioco.
G: Che influenza possono aver avuto su di voi opere quali Dear Esther, Gone Home, Proteus e The Stanley Parable, giusto per fare qualche esempio?
L: Ho amato molto Dear Esther, ma ci tendo a chiarire che The Town of Light non gli assomiglia particolarmente. La componente esplorativa con voce narrante è presente in The Town of Light, ma rappresenta solo una parte del gioco. I meccanismi del gioco sono vari e diversi, dovremo rispondere a delle domande, flashback di quando l’ospedale era aperto e popolato di pazienti, dovremo interagire con l’ambiente per ricreare le condizioni che ci sveleranno parti della storia, e ci saranno cutscene in 2D disegnate, esperienze in soggettiva di terapie violente.
G: A che punto sono attualmente i lavori sul gioco?
L: Siamo in alpha: la prima parte del gioco è in fase avanzata, altre parti ancora hanno bisogno di molto lavoro, ma il gioco c’è tutto! Speriamo di entrare in beta per agosto-settembre e uscire in autunno.
G: Volete dire qualcosa ai nostri lettori?
L: Mi piacerebbe riuscire a comunicare la passione che c’è dietro questo progetto: è incredibile… Davvero!