Dietro a Rhythm ‘N’ Face, gioco del 2000 per PlayStation, si nasconde Osamu Sato, già autore di Eastern Mind e dell’indimenticabile LSD – Dream Emulator, titolo di cui ho già parlato in più occasioni.
Effettivamente il gioco in questione ha notevoli punti di contatto musicali con il succitato LSD, come avremo modo di notare.
Rhythm ‘N’ Face è, ovviamente, un rhythm game. Ma un rhythm game “ibrido”, che mescola le meccaniche classiche del genere d’appartenenza con quelle del puzzle game. Un esperimento riproposto di recente (con risultati molto diversi, sia chiaro) in titoli come Sentris e, in parte, come inSynch (QUI la mia recensione per Pixel Flood) e A Dance of Fire and Ice.
Rhythm ‘N’ Face si configura dunque come una sfida ritmica in cui collocare forme geometriche a tempo di musica e nella giusta posizione (su una griglia quadrata di quindici unità per lato), al fine di creare volti più o meno complessi. Ogni spostamento e ogni ingrandimento/rimpicciolimento delle forme deve essere compiuto a tempo, pena la perdita di un cuore e la ripetizione dell’ultima sezione (oltre all’azzeramento delle combo, ovviamente). Le figure geometriche utilizzabili, trattandosi di un titolo per PlayStation, sono tre: triangolo, cerchio e quadrato. Da queste tre forme, la cui selezione è naturalmente deputata ai rispettivi tasti sul pad, nascono volti via via più strutturati e colorati. Ai dorsali è invece affidata la gestione delle dimensioni di suddette figure.
Sembra più facile a dirsi che a farsi: il gioco si rivela presto ostico, con un gameplay capace di creare problemi già al livello di difficoltà più basso. La costruzione dell’opera, sia sul piano musicale che su quello delle meccaniche di gioco, è essenzialmente geometrica e precisissima.
Parlando della colonna sonora del gioco, è interessante notare come questa sia costruita in maniera dinamica, con passaggi di variazioni che non possono essere ascoltati se non inanellando combo su combo. La struttura dinamica della musica era già stata sperimentata nelle ripetizioni intensive ed ossessive di LSD, ma i punti di contatto tra le due opere non si esauriscono qui. In comune c’è la stessa matrice sonora, dal momento che Osamu Sato è anche compositore delle musiche di entrambi i giochi: il “modo” musicale di Sato è subito ravvisabile nella costruzione del beat e nel comparto prettamente ritmico delle composizioni. Senza dimenticare l’uso di suoni distorti e stranianti, oltre alla tendenza alla stratificazione adattata all’andamento della partita, riscontrabile (operando le opportune distinzioni) anche in LSD.
La costruzione ritmica merita un paragrafo a parte: in Rhythm ‘N’ Face il giocatore è chiamato a gestire (con gli spostamenti di cui sopra) suoni che vanno ad incastrarsi nel tessuto musicale anche in controtempo (come dimenticare il bellissimo minigioco musicale Lockstep di Rhythm Paradise per DS?), rendendo difficilissimo seguire un flusso ritmico già sfuggente di per sé, sommerso com’è da una marea di accordi, da melodie sparse che emergono a frammenti e da uno straordinario uso degli effetti sonori, elemento che contribuisce a definire lo stile musicale di Sato (fantastici i “clacson” squillanti si Swan Song 2000!), costituito da linee ritmiche e di basso complesse e strutturatissime, capaci di rivelare nuovi elementi ad ogni ascolto.
Una musica esplicitamente polifonica, dunque: la fantastica Dr Boochang Lee lo dimostra perfettamente, con il suo funky di bassi che conducono una melodia principale, con le sue sovrapposizioni contrappuntistiche di melodie e di chitarre “percussive” stoppate, perennemente in controtempo.
In tutto questo la musica è vista come pura geometria di suoni, come calcolo esatto e preciso, millimetrico. Diviene pura struttura, con una griglia/spartito su cui collocare note/forme geometriche. La musica si costruisce così nello spazio (oltre che nel tempo), assumendo una forma visivamente misurabile e concreta.
Risulta particolarmente interessante il modo in cui viene visualizzato il risultato dell’esecuzione alla fine del brano, ovvero il volto richiesto, riprodotto più o meno fedelmente. Infatti, per ogni singola sessione ritmica, il gioco concede più possibilità, a seconda delle vite disponibili: alla prima non è dato sbagliare, pena la ripetizione, che consente però di reiterare la sezione e di completarla anche solo avvicinandosi alla struttura prevista. Ne consegue una differenza talvolta notevole nella costruzione dei volti, che divengono specchi dell’esecuzione di un dato brano.
Rhythm ‘N’ Face è dunque un gioco semplicemente incredibile, dal punto di vista del gameplay quanto da quello prettamente musicale. È un universo in cui convivono il Čajkovskij de Il Lago dei Cigni e Oh Susanna, in arrangiamenti disco, reggae, jazz, blues e chi più ne ha più ne metta. Un capolavoro musical-videoludico, da giocare necessariamente con le cuffie.