Pubblicato il 07/04/15 da Neko Polpo

Pyxel Edit: puntinismi digitali

Sono diversi i software rivolti a chi decide di cimentarsi con la pixel art, tecnica grafica che sta conoscendo una fase di enorme sviluppo e produttività, soprattutto nel mondo del videogioco indipendente e non solo (si pensi al recente esperimento di Platinum Games con l’interessante Bayonetta 2D). Tra i vari Graphics Gale, Pixothello di TeknoPantsPickle, Piskel, Tile StudioRagePixel per Unity e Pro Motion, gli strumenti atti e adatti alla produzione in questo stile grafico non mancano.

Recentemente anche Daniel Kvarfordt, già autore di diversi progetti videoludici, ha deciso di impegnarsi nello sviluppo di un tool semplice e immediato per permettere a tutti di sperimentare le meraviglie della pixel art. Nato come prodotto gratuito, Pyxel Edit si è poi espanso nel tempo, arrivando allo stadio attuale di beta “avanzata” e a pagamento, all’accessibile prezzo di 9$.

Pyxel Edit
Un semplicissimo sfondo, realizzabile con pochissimi accorgimenti.

È bene chiarire subito il motivo di una recensione per un programma ancora in fase di sviluppo: il software in questione presenta basi più che solide, pur con le “mancanze” di cui soffre e che andremo ad illustrare. Tutte le funzioni principali e “necessarie” sono presenti, offrendo di conseguenza uno strumento versatile e funzionale. Ottimi esempi di ciò che è possibile ottenere lavorando con Pyxel Edit sono offerti dal grande Christopher Yabsley, che ha anche creato tre ottimi video-tutorial per il programma, riproposti di seguito nel corso dell’articolo.

Per avvicinarsi nel modo migliore a questo tool è consigliabile testare anche gli altri strumenti segnalati in apertura, soprattutto Pixothello e Pro Motion, due delle fonti d’ispirazione “dichiarate” dall’autore stesso. Esplorare le funzioni base di programmi come Pixothello , con cui è stata creata buona parte della grafica di 0Space, e di  GIMP è molto utile per comprendere il funzionamento, di fatto piuttosto semplice ed elementare, del software di Kvarfordt.

Gli attrezzi del mestiere a disposizione in Pyxel Edit sono pochi ed essenziali: si va dalla semplice matita, che permette di disegnare qualsiasi forma pixel per pixel, alla “bacchetta magica” per selezionare tutti i pixel adiacenti dello stesso colore, senza dimenticare il secchiello e tutti gli altri oggetti fondamentali, distribuiti sulla colonna di sinistra. Sulla destra è invece possibile trovare le informazioni riguardanti la palette dei colori, i “tile” e i “layers“, altrimenti detti “livelli“.

I tile sono uno strumento straordinario, più volte utilizzato nella storia videoludica. Si tratta di elementi modulari, di “tasselli” che è possibile disporre per creare texture, scenari o singoli elementi delle ambientazioni, giusto per fare qualche esempio. Bastano pochi tocchi per creare un pattern da applicare su una superficie più o meno vasta, sfruttando la ripetizione dei vari riquadri per creare particolari effetti che Yabsley illustra perfettamente nell’apposito tutorial sull’argomento. In sostanza, con un paio di tile si possono creare superfici variegate che mascherano la ripetizione stessa (oppure la rendono maggiormente visibile, come accade nel caso di un tool di sviluppo videoludico tile-based, ovvero il mitico kooltool, di Mark Wonnacott). La pixel art è una tecnica fondamentalmente ed intimamente ripetitiva, una tecnica che sfrutta la struttura elementare del quadrato per costruire tutte le forme, geometriche e non.

Pyxel Edit
Un esempio di texture realizzabile in pixel art: queste squame di pesce dorate sono state realizzate utilizzando solamente due tile, ripetuti tra loro.

Uno dei limiti del prodotto a cui accennavamo in precedenza è la mancanza di una varietà di forme geometriche preimpostate, che permetterebbero di velocizzare almeno in parte alcuni lavori. Sono infatti presenti soltanto due “punte” differenti per lo strumento di disegno, ovvero il quadrato e il cerchio (che ovviamente è sempre e comunque costituito da pixel, e quindi quasi paradossalmente “spigoloso”). Dispiace anche per il limite di pixel a cui è sottoposta la grandezza della punta utilizzata: la massima “estensione” utilizzabile è di 36 pixel, piuttosto funzionale quando si lavora su tele di piccole dimensioni, ma meno adatta a situazioni più “ampie”. Si tratta comunque di difetti minimi che posso essere aggirati con un minimo di ingegno e di pazienza.

L’ultimo argomento da affrontare in questa veloce rassegna delle possibilità offerte da Pyxel Edit è quello delle animazioni. Sfruttando le stesse impostazioni per il lavoro sui tile è possibile, grazie alle trasparenze del fotogramma precedente, disegnare e sviluppare i movimenti riquadro per riquadro. Il tutto è poi esportabile sotto forma di “sprite sheet” o di GIF.

Pyxel EditConcludiamo segnalando la possibilità di esportare i lavori in vari formati, dal png al jpeg, e la fondamentale presenza della trasparenza per creare elementi importabili poi in qualsiasi progetto videoludico. Sintetizzando, Pyxel Edit è uno strumento flessibile e versatile, oltre che un tool semplice e immediato, capace di regalare molte soddisfazioni agli aspiranti pixel artist, ma anche ai semplici curiosi di questa tecnica così elementare nel funzionamento di base e così varia nei risultati ottenibili, proprio a partire da una struttura fortemente geometrica. Lavorare in pixel art significa spesso lavorare punto per punto, e ridare così importanza agli elementi basilari, alle unità fondamentali che costituiscono ogni immagine.

Pyxel Edit
La Grande Jatte, di Georges Seurat, dettaglio importato in Pyxel Edit e ingrandito.

Pyxel Edit

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