“Facciamo un doppio?” oppure “Posso entrare?“.
I gamer con qualche anno di più sulle spalle probabilmente ricorderanno molto bene queste due domande, associandole inevitabilmente al fumoso ambiente della sala giochi o della stanzetta dei flipper di qualche baretto di provincia. Potevano essere poste dall’amico fidato, pronto ad aiutarti a battere un boss particolarmente ostico, oppure potevano arrivare dal bullo del quartiere, e quindi difficilmente rifiutabili. Fosse quel che fosse, significavano soltanto una cosa: giocare una partita in compagnia di qualcuno.
Il multiplayer è nato assieme ai videogiochi. Persino reperti preistorici come Pong ti davano la possibilità di giocare con un amico. Sia che fosse di tipo cooperativo (come i vari picchiaduro a scorrimento o gli shoot’em up) oppure competitivo (picchiaduro a incontri o giochi di corse) il multiplayer è stato presente su ogni titolo la cui struttura lo permettesse, sia in sala giochi che a casa, su console e computer vari.
Si trattava sempre di quello che oggi è conosciuto come “multiplayer locale“, ovvero la partita veniva giocata da due (o in seguito più utenti) sulla stessa macchina. Ovviamente bisognava possedere almeno due controller o joystick per poter giocare (salvo alcune allucinanti combo tipo Player 1 controller e Player 2 tastiera o, colmo del masochismo, entrambi su tastiera!) e spesso la schermata veniva dimezzata, in verticale o in orizzontale, per permettere ai giocatori di muoversi indipendentemente l’uno dall’altro.
Giocare in locale era, ed è tuttora, un momento bellissimo. Ricordo con piacere le partite fatte assieme a amici e cugini, sulle più disparate macchine da gioco. Le batoste prese ai vari giochi di calcio (mai piaciuti e mai saputi padroneggiare), le vittorie per il rotto della cuffia a qualche gioco di guida o quelle trionfali a Quake, con conseguente umiliazione sempiterna allo sconfitto (ricordo che sfottevo sempre un mio amico scarsissimo urlandogli la storica frase “guai ai vinti” a ogni sconfitta!). Insomma, era un vero e proprio momento di aggregazione. Poi arrivò Internet.
L’avvento delle rete, fruibile in maniera dignitosa da quasi tutti gli utenti, cambiò completamente il modo di giocare in compagnia. Con la possibilità di giocare in remoto, le porte del multiplayer si aprirono anche per tutta una serie di giochi ai quali la cosa era preclusa, come gli rpg, cosa che portò alla nascita di veri e propri fenomeni sociali di massa (chi ha detto World of Warcraft!?) ma, soprattutto, fece nascere nuove categorie di titoli, basate in toto o quasi sul multiplayer online, destinati a cambiare completamente la community stessa dei gamers. Parlo dei MOBA e degli FPS, che ok, esistevano già, ma qui hanno decisamente cambiato pelle.
Giochi come League of Legends o uno degli ultimi CoD a caso, hanno dato vita a vere e proprie legioni di giocatori tossici. La stratosferica quantità di utenti che potevano sfidarsi tra loro senza neppure conoscersi e la facilità con cui lo potevano fare, hanno si permesso che il medium videogame fosse “sdoganato” verso la cultura di massa, ma ha anche dato campo libero ai peggiori giocatori del pianeta. Ragazzini che ti insultano in maniere feroci (che se dovessi incontrali dal vero, probabilmente mi darebbero del lei…), molestie verso le giocatrici, deliri di onnipotenza e amenità varie. Ovviamente non tutti i giocatori online sono così, anzi. Però veramente, certe community sembrano veri e propri gironi infernali.
Fortuna che non tutto è roba così tossica. Il multiplayer online ci ha regalato anche titoli come Overwatch (anche lui piagato da giocatori poco maturi) e il recente Destiny 2. senza non avrei potuto mai giocare a Monster Hunter o a un qualsiasi altro hunting game. Nel bene e nel male, questo nuovo modo di videogiocare ha portato a introiti spaventosi, cosa che ha naturalmente incoraggiato le case produttrici a virare sempre più verso questa formula.
Il single player esiste ancora e sempre esisterà, come esisteranno sempre più giochi “online only”. Quello che mi lascia perplesso è quanto questa spasmodica attenzione verso il multi online sta cambiando i titoli in uscita e i giocatori stessi. Come dicevo, un tempo la partita multigiocatore era un momento di divertimento tangibile, tra amici. Volendo anche un pretesto per stare assieme, per socializzare. Adesso invece? Non dico che un tipo di multiplayer sia migliore dell’altro, ma sono felice che il caro vecchio split screen stia tornando ad essere contemplato nelle varie opzioni di alcuni titoli in uscita. Sarò nostalgico…
E voi, che ne pensate? Fatecelo sapere nei commenti!