Prima di iniziare l’articolo, ci tengo a precisare una cosa: questa non sarà una recensione. Sebbene il gioco non sia in Early Access e sia stato rilasciato su Steam nel Maggio 2014, ritengo poco corretto scrivere una recensione su un’opera che, ad ora, si basa su una narrazione che si interrompe bruscamente. Sia chiaro, non che non sia mai accaduto: molti lavori di Telltale Games sono ad episodi, e questo non ha mai impedito di farne recensioni anzi, proprio il mese scorso il nostro Edoardo Fusco ha recensito il primo episodio della loro serie su Game of Thrones. Il fatto è che World End Economica appartiene al genere delle Visual Novel e al loro “scomodo” sottogenere delle Kinetic Novel. Una Visual Novel è un’avventura narrativa che accompagna grafica e animazioni ad un racconto perlopiù testuale, la cui storia si dirama grazie alle scelte del giocatore: di questo genere ho già recensito in passato Hatoful Boyfriend, ottimo rappresentante della categoria che è finito anche nella mia Top 3 personale di redazione. Le Kinetic Novel tolgono la possibilità di scelta a questa struttura, rendendo di fatto il gioco un “racconto grafico” nel quale l’interazione del giocatore è limitata alla sua “velocità di lettura”, dettando il ritmo con il quale avanzare nei dialoghi, e alla possibilità di mettere l’equivalente dei segnalibri, salvando la partita nel punto in cui è arrivato.
Non ci vuole molto per capire che il potersi godere World End Economica dipende dal sottile equilibro dei suoi elementi quindi: mai quanto in questo genere basta un elemento “sballato” per minare la nostra esperienza. Del resto, per tenerci ore ed ore attaccati ad un monitor leggendo dialoghi ci vuole qualcosa di ben realizzato e, nel caso di un gioco per capitoli, bisogna poter valutare anche la trama nel suo complesso prima di esprimere un giudizio e poter rispondere alla domanda “ne vale davvero la pena?“. Una delle prime cose che il giocatore vede in una Visual Novel sono sicuramente le immagini: sfondi e sprite dei personaggi sono una costante che accompagnano la lettura, dando un contesto a quello che leggiamo. Su questo aspetto, World End Economica è ottimo: Isshiki Uwatsuki e Taira Katou hanno fatto un lavoro straordinario rispettivamente sulla grafica dei personaggi e degli sfondi, che regalano scorci davvero evocativi. Così come è stato ottimo il lavoro sulla soundtrack, in cui hanno partecipato anche Kishida Kyoudan & The Akeboshi Rockets collaborando con il video di apertura animato del gioco. Ma ecco che riguardo al comparto tecnico compaiono le prime problematiche: sebbene la colonna sonora conti poco meno di un centinaio di tracce, sentiremo spesso e volentieri la solita mezza dozzina e ci saranno davvero troppi momenti di silenzio. Sia chiaro, ha senso in determinate situazioni accompagnare solo un pesante silenzio alla narrazione testuale, ma qui più che una “scelta artistica” sembra proprio che si siano “dimenticati” di metterci l’audio. La stessa cosa si verifica con le animazioni e gli sfondi: molte, troppe scene sono a “sfondo nero”. E non stiamo parlando di “monologhi interiori” del protagonista, ma scene in location in cui siamo magari già stati e per le quali non ci può essere la scusa “ci sarebbe stato da disegnare uno sfondo in più”. Anzi, molte scene minori hanno addirittura 2-3 sfondi in cui sono ambientate: a che pro lasciare una grandissima quantità di scene “a sfondo nero” se si avevano già degli sfondi disponibili? Mistero.
Ma il vero punto critico di World End Economica riguarda i personaggi e la narrazione a loro legata. Della dozzina di ore che ho impiegato a portarlo a termine, più della metà mi sento di averle buttate alle ortiche a causa di personaggi che fanno davvero incazzare. Ho ragequittato il gioco ben due volte in occasione di scenate provocate dalla co-protagonista, un personaggio sicuramente problematico, ma che spesso e volentieri agisce in modo troppo imprevedibile. Non aiuta nemmeno il protagonista, un impulsivo ragazzino che pensa una cosa e ne dice un altra, contribuendo in un giro di incomprensioni che porteranno a scene più che patetiche. Anche i personaggi secondari ci mettono il loro impegno per dare fastidio: una menzione speciale in questo caso va alla “suora spaziale”, la cui presenza nell’ambientazione è totalmente illogica. Il gioco è infatti ambientato a Newton City, una colonia economica sulla Luna nel quale compagnie economiche e emigranti si sono stabilizzati per compensare alla carenza di spazio e al clima inospitale della Terra. Il costo per poter emigrare in questa colonia è ovviamente elevato, e solo importanti economisti e illuminati pionieri sono riusciti ad accaparrarsi un posto. Alcuni sono persino nati in questa città da genitori che si erano già stabiliti anni prima: è questo il caso del nostro protagonista, soprannominato Hal. Un ragazzino ribelle, che decide di non “subire” le regole, ma di “scalarle”: egli è convinto che l’umanità possa spingersi oltre, e vuole essere il primo a colonizzare Marte. Questo sogno ovviamente richiede un enorme quantità di denaro, che lui non ha: quale modo migliore che giocare in borsa per ottenerlo? Scappa di casa e passa i giorni dentro un internet café a comprare e vendere azioni sul mercato azionario, finché non è costretto alla fuga per un raid della polizia. Egli trova rifugio in una chiesa che Lisa ha costruito per “portare la parola del signore” sulla Luna. Inutile dire che a nessuno frega niente di tutto ciò e che quindi la chiesa è vuota e lei è indebitata: la chiesa potrebbe venire demolita presto. Il nucleo del gioco ruota attorno ad un “concorso” che potrebbe far vincere enormi cifre di denaro alle più brillanti menti del mercato azionario: è l’occasione del nostro protagonista per cavalcare l’onda facendosi un nome e pagando i debiti di chi lo sta ospitando.
Come potete intuire, la trama presenta un eccessiva spinta verso la “moralità” e “il giusto e lo sbagliato”, il tutto permeato da un “fanservice cristiano“. A me personalmente ha dato parecchio fastidio vedere azioni stupide di personaggi finire “bene” perché essi hanno “avuto fede in Dio” mentre le azioni del protagonista finire male perché “lavora coi soldi”. Ho trovato disgustosa questa eccessiva morale, che spesso e volentieri mette il protagonista in situazioni umilianti per motivi futili: in un episodio viene picchiato dalla co-protagonista che gli ferisce il ginocchio solo perché ha voluto pagare la sua parte di un acquisto. I personaggi sono dei pazzi instabili e imprevedibili, che fanno venire voglia di essere presi a pugni. Caratterialmente sono pesanti ed eccessivamente caricaturali e questo incide molto, forse troppo, all’interno di una visual novel. Ogni tanto mostrano il loro “lato umano”, ma quando succede è sempre preceduto da scene patetiche e inutili. Ammetto che nella seconda parte la storia ha preso una piega interessante, ma la conclusione drastica del primo capitolo mi ha lasciato in sospeso con un grosso dubbio: giocherò i capitoli successivi? È una domanda a cui non è facile rispondere: mentre i problemi “tecnici” spiegati all’inizio dell’articolo possono essere risolti facilmente, i problemi legati ai personaggi e all’eccessiva “morale” sono più difficili da sradicare e solo un evoluzione intelligente della trama può risolvere questo problema. Probabilmente giocherò anche i seguiti, con lo scopo però di scrivere una recensione vera e proprio alla conclusione di tutto, che tiri le fila del discorso e che possa permettervi di decidere se entrare nel mondo di World End Economica oppure puntare ad altri titoli. Per ora, il mio consiglio è quello di rimanere in attesa.