Pubblicato il 14/11/16 da Neko Polpo

Sid Meier’s Civilization VI – Il Sogno di Volare

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Un nome, una garanzia: Civilization, nel bene e nel male, nei suoi 24 anni di vita ha sempre fatto parlare di sé. Un po’ per il suo essere una delle saghe più influenti sia nel suo genere che in tutto il panorama videoludico, ma anche per l’obbiettivo che i vari capitoli di questa ventennale serie si sono posti: simulare, nella maniera più credibile possibile, la nascita e lo sviluppo di una civiltà dai suoi albori fino all’esplorazione dello spazio. Queste premesse mi fecero innamorare del primo capitolo di questa saga che giocai (per la precisione il 2 per PlayStation) e tutt’ora questa passione non accenna a diminuire.

Non appena sono riuscito ad avere fra le mani l’ultima fatica dei Firaxis mi sono gettato a capofitto in un tour de force di 30 ore di gioco in poco meno di una settimana e ho con piacere constatato che l’effetto dipendenza che Civilization VI riesce ad instillare in me non è cambiato di una virgola dai tempi in cui ero uno sbarbatello con in mano un DualShock. Dimenticate il retrogusto amaro della scarsità di opzioni disponibili nel quinto capitolo (prima delle espansioni) e dello spin-off Beyond Earth: questo titolo possiede una profondità strategica eccelsa, correlata ad una pletora di opzioni disponibili per lo sviluppo della vostra civiltà preferita, il tutto condito da una cura maniacale dedicata al comparto grafico e sonoro. Personalmente parlando, Civilization VI è tutto ciò che avrei desiderato dal quinto capitolo quando fu pubblicato.
Senza indugiare ulteriormente, tuffiamoci immediatamente nei panni dell’imperatore Traiano (da romano quale sono non ho resistito alla tentazione di “giocare in casa”) ed affrontiamo assieme questo viaggio dagli albori della civiltà fino alle stelle.

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Nei panni dell’Optimus Princeps, conquisteremo il mondo intero. O periremo provandoci.

Non ho scritto che Civilization VI è un gioco caratterizzato da un gameplay elaborato e profondo solo per tessere lusinghe ad uno dei miei brand preferiti: sebbene tale elemento si presenti come un evidente rivisitazione di quello del precedente capitolo, l’ultimo arrivato di casa Firaxis porta con sé diverse novità ed accorgimenti per rendere l’esperienza di gioco più dinamica. Infatti, uno dei difetti principali di Civilization V era la scarsa enfasi data al terreno appartenente alle città possedute dal giocatore: sostanzialmente l’unica cosa che bisognava fare era costruire il miglioramento più adeguato con i vostri schiav… emh… lavoratori, per poter sostenere i fabbisogni della propria metropoli tramite cibo, produzione, fede, eccetera. Il sistema era fin troppo poco dinamico, mancava completamente di complessità e spessore: oltre all’ovvietà di piazzare le fattorie vicine ai corsi d’acqua dolce, era un puro e semplice “potenzia la casella e sei a posto”. Come se ciò non bastasse, questo sistema rendeva le unità lavoratrici quasi un peso morto pian piano che ci si avvicinava alle epoche più avanzate, in quanto rimaneva ben poco da lavorare.

Per ovviare a ciò, Civilization VI introduce i distretti, i quali non sono altro che delle “estensioni” della vostra città. Nei precedenti capitoli tutti gli edifici erano posizionati nell’esagono centrale (quello della metropoli vera e propria), ora il giocatore è obbligato ad investire una delle proprie caselle agli edifici accessori come il Luogo Santo, il Quartiere Finanziario o la Zona Industriale.
A questo punto, probabilmente vi state chiedendo perché rinunciare ad una delle proprie caselle dovrebbe rappresentare una miglioria. Beh, per un semplice motivo: obbligare il giocatore a delle scelte. Necessiterete di spazio per piazzare quanti più distretti possibili e sarete limitati nel numero di distretti che potrete costruire a seconda della popolazione del vostro agglomerato urbano. Di conseguenza, se volete creare immediatamente una religione (e di conseguenza costruire un Luogo Santo) sarete obbligati a rimandare per un buon numero di turni diversi edifici fondamentali in altri ambiti, in quanto dipendono dalla costruzione del distretto adeguato, mentre precedentemente, potevate semplicemente costruirli nella tile centrale non appena disponibili. Questo elemento rende la gestione delle strategie di vittoria fondamentale, in quanto non si può essere il migliore in qualsiasi cosa: bisogna specializzarsi ed in fretta. Considerando inoltre che spesso alcuni distretti forniscono bonus se adiacenti ad altri distretti o a terreni specifici, la gestione del terreno di gioco diviene fondamentale per una crescita veloce dei vostri villaggi. Il tutto è condito dal fatto che, spesso e volentieri, parecchie meraviglie, oltre al fatto vanno obbligatoriamente costruite su tipi di terreno specifici (come ad esempio le Piramidi, le quali vanno costruite su una casella di terreno desertico), richiederanno di anch’esse di essere edificate in una casella adiacente ad alcuni specifici distretti (come il Colosseo che richiede di esser vicino al Quartiere dei Divertimenti), il che contribuisce ancora ulteriormente a diversificare le scelte tattiche disponibili al giocatore, in particolare sulla priorità delle costruzioni da effettuare.
Altro piccolo appunto va dedicato ai lavoratori, unità per sua natura legata alla gestione del terreno di gioco: essi sono diventate unità “a cariche”, le quali vengono consumate ogni volta che si esegue un miglioramento sulla casella, ma viene eseguito immediatamente, annullando completamente il problema dei lavoratori inutilizzati nel late game e aggiungendo ulteriore importanza alle priorità che il giocatore vuole dare al potenziamento delle caselle. Altre unità che condividono questo sistema a cariche sono gli archeologi e le unità religiose, le quali, di conseguenza, vanno adoperate con scrupolo.

Oltre a quanto già detto, un’altra meccanica legata alla mappa è stata completamente rivista: le strade. Tornando indietro nel tempo (ma neanche tanto) ai tempi di Civilization V, mi vengono ancora i brividi pensando a come venivano gestite le strade nei precedenti capitoli: per collegare la vostra capitale ad un altra città spesso ci volevano decine di turni, i quali erano, de facto, turni morti. Ebbene, in Civilization VI creare una rotta commerciale con una città qualsiasi crea automaticamente una strada verso di essa mentre il commerciante la visita per la prima volta. Semplice, elegante e geniale. Senza considerare che, se sceglierete l’Impero Romano come civiltà (sì, ho giocato per 30 ore di fila Traiano e me ne vanto) ogni volta che conquisterete o fonderete una città verrà automaticamente collegata alla vostra capitale. Perché si sa, tutte le strade portano a Roma.

Costruire un Campus vicino ad una montagna genera +1 Scienza per turno. Mi sto ancora chiedendo il perché.
Costruire un Campus vicino ad una montagna genera +1 Scienza per turno. Mi sto ancora chiedendo il perché.

Oltre alle innovazioni per quanto riguarda la gestione del terreno di gioco, Civilization VI porta con sé un completo overhaul delle politiche sociali: non sono più dei bonus click and forget, ma una serie di potenziamenti intercambiabili, la cui disponibilità dipende dal tipo di governo adottato dal vostro popolo. Oltre ad essere molto più numerose che in passato, la scoperta di tali politiche è dipendente da un altra novità di quest’ultima incarnazione della serie made in Firaxis: l’Albero dei Progressi Civici. Piuttosto che basarsi completamente sull’oramai consueto albero della tecnologia, Civilization VI dà nuova linfa all’aspetto politico e culturale della gestione del vostro impero tramite lo spostamento completo di molti edifici, opzioni diplomatiche e culturali in questo nuovo albero delle scoperte, il che è estremamente coerente con il senso di progressione storica che il titolo vuole comunicare al giocatore: da rozzi e selvaggi guerrafondai (al massimo barattatori) a raffinati diplomatici che contrattano, spiano e dichiarano guerra solo davanti ad un affronto tale da fornire un Casus Belli.

Un ulteriore elemento rinnovato per ciò che riguarda le scoperte tecnologiche e sociali è l’introduzione del momento Eureka! (che va a sostituire la meccanica dell’Età dell’Oro presente nei titoli passati della saga), il quale lega ogni possibile scoperta effettuabile ad una mini-quest che ne dimezza il numero di turni necessari per ricercarla. Ad esempio, uccidere un’unità nemica con un fromboliere (leggasi guerrieri armati di fionda) fornirà un momento Eureka alla tecnologia di Tiro con l’Arco, considerando che la vostra civiltà si renderà conto che lanciare sassi non è molto efficiente come sistema di combattimento e che forse è il momento di pensare ad un alternativa.

Un ultimo concetto rivisto dal team di sviluppo è la Felicità, sostituita dall’Attrattiva in questo sesto capitolo. Al contrario di quanto avveniva in Civilization V, viene considerata separatamente città per città. I metodi per tenerla in valori positivi (ed evitare il conseguente malus in Produttività e la possibilità di creare unità ribelli) sono le classiche risorse di lusso, combinate con edifici e meraviglie dipendenti dal nuovo Quartiere dei Divertimenti.

Eureka!
Eureka!

Dopo questa carrellata di novità estremamente benefiche per la serie, come son solito nelle mie recensioni, lascio le note dolenti alla fine. Perché, ahimé, Civilization VI è riuscito a sistemare tante cose, ma non è stato in grado, a mio avviso, a migliorare l’interazione diplomatica con l’IA. Sebbene il comportamento delle civiltà controllate dall’intelligenza artificiale sia ora molto più prevedibile rispetto ai capitoli precedenti grazie all’introduzione delle Agende (le quali eliminano in gran parte la sensazione di irrazionalità che ha caratterizzato i capitoli precedenti della saga, fornendo così al giocatore che ha investito molto a livello diplomatico di conoscere ciò che una civiltà rivale apprezza o meno per interagire una salutare relazione di amicizia), i leader avversari tendono molto spesso ad attaccare civiltà che hanno un esercito poco fornito, sebbene teoricamente fossero pacifiche con voi.

Ciò, unito al fatto che i barbari in questa nuova incarnazione di Civilization sono estremamente aggressivi, in particolare nelle prime fasi di gioco, vi porterà spesso e volentieri a dare la priorità ad un piccolo esercito che funzioni almeno come deterrente. Inoltre, le Agende rendono, sì, prevedibile il comportamento dei leader avversari, ma lo rendono anche macchinoso e poco umano, portando spesso il giocatore a forzare strategie sub-ottimali per la civiltà che sta giocando. Trovarsi ad esempio come vicina la regina Cleopatra vi obbligherà a svilupparvi militarmente, in quanto, altrimenti, vi disprezzerà e farà di tutto per rendervi la vita difficile. Probabilmente lei è in cima alla lista delle civiltà che non sopporto aver accanto, seguita da Ghandi. Non tanto perché sia un voltafaccia, come lo è stato storicamente nelle precedenti iterazioni della serie, ma perché… in realtà non c’è un buon motivo. Lo odiavo in Civilization III, IV e V ed ogni volta che lo ho nei pressi delle mie città, per non saper né leggere né scrivere, tendo di eradicarlo sul nascere. In caso lo vogliate come vicino, spero che stiate giocando il Congo  (che ho apprezzato molto come concept: non può creare nessun tipo di religione ma riceve dei grandi bonus quando convertita da altre civiltà), perché vi invaderà con tonnellate di unità religiose pronte a convertirvi anche dove non batte il sole.

Altre piccole sviste minano in maniera marginale ciò che altrimenti sarebbe un ottimo titolo, come ad esempio la mancata differenziazione delle risorse di lusso, le quali potrebbero fornire bonus differenti oltre che aumentare l’Attrattiva di cui ho parlato poc’anzi ed inoltre il sistema della bellicosità (che misura quanto siete guerrafondai e diminuisce la fiducia delle civiltà controllate dal computer) dovrebbe essere rivisto: trovo assurdo venir denunciato da una civiltà perché troppo bellicoso quando eravamo amici ed ho dichiarato guerra ad un leader da loro odiato. Purtroppo, nessuno è perfetto.

Io. Ti. Odio. Convertitore di città a tradimento.
Io. Ti. Odio. Convertitore di città a tradimento.

Dopo questa piccola nota di demerito, torno immediatamente su aspetto eccelso di questo gioco: il design. Sebbene abbia sentito parecchie critiche sullo stile grafico scelto per Civilization VI, non riesco a comprendere il motivo di tale animosità nei confronti di tale scelta. La mappa di gioco è pura gioia per gli occhi, ogni singolo esagono è realizzato con una cura sopraffina, e ciò è assolutamente innegabile anche non apprezzando lo stile cartoonesco. Anche i modelli delle unità e dei leader sono molto ben fatti, con animazioni molto belle a vedersi.
A proposito di leader: trovo molto interessante il fatto che il gioco, nonostante sia stato interamente tradotto e doppiato in italiano, abbia conservato la lingua originale del popolo che i leader rappresentano quando conversano con voi. Non che fosse una novità, ma sicuramente aiuta e non di poco il fattore immersività del titolo.

Infine non posso che lodare l’eccellente colonna sonora di Civilization VI. Per ogni popolazione vi è una base musicale differente che si modifica ed evolve nel proseguire delle ere. Oltre ad essere molto piacevole da ascoltare, incrementa ulteriormente il coinvolgimento del giocatore nel titolo, dando un senso di progressione. Degni di nota sono anche i riff di chitarra classica. utilizzati come ambient sound, tra i quali potrete trovare anche un ri-arrangiamento del celeberrimo pezzo Giochi Proibiti. Come ciliegina sulla torta, Civilization VI vede il ritorno di Christopher Tin (compositore di Baba Yetu, il main theme del quarto capitolo e prima soundtrack di un videogioco a vincere un Grammy Award) alla composizione della colonna sonora del menù principale, la quale è un capolavoro cantato nella nostra lingua natia (sebbene con un riconoscibile accento anglosassone) dal titolo Sogno di Volare, il cui testo è ispirato da alcune citazioni del genio che risponde al nome di Leonardo da Vinci.

In conclusione, alla luce delle enormi migliorie che il sistema di gioco ha ricevuto in questa sua sesta iterazione e dalla cura dedicata all’aspetto audiovisivo, non posso fare altro se non consigliarvi caldamente Civilization VI, soprattutto se siete amanti del genere. Se non vi siete mai avvicinati ad un titolo di questa fantastica saga, prima di acquistarlo, vi ricordo che Civilization non ha alcuni tipo di missioni (come le ha, ad esempio, Age of Empires), di conseguenza se cercate un videogioco story-driven statene alla larga. Altrimenti gettatevici a capofitto: non vi deluderà. Considerate infine che, grazie al supporto delle mod (e di conseguenza al Workshop di Steam) e alle espansioni che sicuramente arriveranno, visto l’enorme successo commerciale che il titolo sta avendo, l’esperienza di gioco verrà ulteriormente ampliata e rivista. Non lasciatevelo scappare nel caso lo trovaste ad un prezzo scontato, merita anche i 60 € di listino.

Sid Meier’s Civilization VI è acquistabile in copia fisica per Windows (la versione Mac OSX e Linux verrà rilasciata nel futuro prossimo) oppure digitalmente attraverso il negozio di Steam per Windows, Mac OSX (la versione Linux arriverà entro breve tempo) al prezzo di lancio di 59.99€.

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  • Enfasi sulla gestione del terreno
  • Semplificazione di alcune meccaniche rispetto al passato
  • Graficamente godibile
  • Colonna sonora Mozzafiato

 

  • Diplomazia macchinosa e poco realistica
  • IA non sempre brillante

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NekoPolpo - Biografia

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