Quando sentiamo qualcuno affermare che i videogiochi non sono un prodotto artistico, bisognerebbe mostrare loro Scorn, nuovo titolo sviluppato da Ebb Software, uscito in Italia il 14 settembre 2022.
Il tuffo in un incubo
Il gioco, che potremmo definire come un’insolita avventura grafica, muove i passi in un universo artistico, fortemente ispirato alle opere dell’artista svizzero Hans Ruedi Giger, in cui ci si trova circondati da statue e meccanismi che rimandano in maniera cruda e perversa all’anatomia.
Il nostro protagonista, apparentemente umano, ma con evidenti lacerazioni al corpo che mostrano i tessuti interni, si muoverà in atmosfere oscure, spazi claustrofobici e passaggi angusti ricchi di elementi biomeccanici, con i quali potremo interagire per andare avanti nel nostro percorso: l’aspetto preponderante dell’esperienza di gioco è certamente quello esplorativo, poichè passeremo gran parte del tempo a cercare fessure e dispositivi con i quali poter interagire, ritrovandoci spesso a cambiare la nostra direzione così da trovare meccanismi attivi ed enigmi da risolvere.
Sebbene la componente dell’esplorazione la faccia da padrona, gli sviluppatori hanno comunque voluto introdurre in Scorn alcuni momenti di shooting non perfettamente riusciti, nei quali, con rare e poco efficaci armi a disposizione, potremmo tentare di attaccare i nemici sparsi nelle varie aree di gioco. Tuttavia, il miglior metodo per difendersi da questi e procedere nell’esperienza, sarà quello di evitare gli esseri abominevoli ed attendere il loro allontanamento. Le possibilità di cura in caso di attacco ci verranno fornite da un piccolo parassita alieno che si insinuerà nelle nostre carni e ci ricaricherà con iniezioni di sangue.
Il contesto di gioco è di fatto un incessante incubo in cui aggirarsi con paura ed inquietudine, dove la crudeltà e la brutalità dell’esistenza vengono manifestate tramite rappresentazioni distorte dell’umanità: l’uomo diventa alieno, privo di punti di riferimento (di fatto nel gioco non abbiamo mappe o percorsi indicati), scarno nel corpo e nell’anima, alla ricerca di una vita che vada oltre il mero tentativo di sopravvivere tra gli ostacoli e gli orrori. Ci ritroviamo di fronte a quella che sembra essere un’ascesa che va dalla prima parte del gioco, che si sviluppa in profondità estremamente oscure e angoscianti, alla seconda e finale parte in cui il protagonista riesce a vedere oltre l’oscurità, ritrovandosi sotto un cielo nostalgico e malinconico e dinnanzi ad un enorme palazzo che affascinerà di certo il videogiocatore più sensibile.
La vita oltre il dolore
Ma l’aspetto che salta maggiormente alla luce, in un continuo crescendo di rappresentazioni sempre più esplicite, è quello legato alla sessualità e all’atto riproduttivo: vi sono statue, bassirilievi ed immagini evidenti di organi genitali ed atti sessuali nel corso di tutta l’esperienza di gioco. Sembra come se gli sviluppatori volessero porre l’attenzione sul sacrificio della gestazione e del parto, sulle complicanze, sugli orrori derivati da deformazioni, su sanguinolente inseminazioni e su un nuovo modo di simboleggiare il ciclo della vita totalmente privo di poesia e passione. I corpi diventano ibridi umani e alieni, mutanti che vagano, cercando ogni mezzo per la cessazione del dolore, in un incubo terrificante che si manifesta come perverso ed estremamente violento.
Del resto, basta soffermarsi su ogni dettaglio estetico per comprendere che Scorn ci pone di fronte ad una visione assai cruda e spietata dell’esistenza, rappresentata come continua lotta tra il dolore e la desolazione, ponendo al videogiocatore un importante quesito: l’origine della vita può davvero essere considerata un dono?
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