In onore dei 140 anni dalla prima pubblicazione de “Le avventure di Pinocchio”, il team coreano Round8 Studio ci regala Lies of P, la loro interpretazione della celeberrima favola del burattino divenuto bambino.
Lies of P si presenta fin dai primi minuti di gioco come un’opera di adattamento incredibile, prendendo gli elementi fondanti della favola per bambini, unendoli a caratteristiche fantascientifiche, ispirate anche alle opere di Asimov e stravolgendoli per raccontare una storia a noi cara ma con toni più maturi e dark. Elementi questi che si sposano molto bene con la formula da souls-like che il team ha cucito su misura per quest’opera, aggiungendo sì poche novità al genere ma prendendo ciò che di meglio possono offrire le opere di From Software.
Il gioco sarà all’altezza del nome che porta? Ve lo raccontiamo nella nostra recensione di Lies of P, grazie alla presenza del titolo nel Game Pass.
Indice
C’era una volta… un’automa – Trama e narrazione
Già dal primo avvio del gioco si intuisce che il periodo storico in cui si svolgono gli eventi della trama è diverso rispetto alla favola. In Lies of P ci troviamo nel pieno ‘800 a Krat, una città steampunk con un importante componente retro-futuristica, il nostro Pinocchio giace spento in una carrozza di un treno, intorno a noi solo il rumore meccanico delle giunture degli automi che pattugliano la stazione, fin quando una voce calma e rassicurante non sveglia Pinocchio, non di legno ma un automa meccanizzato e gli chiede di trovare mastro Geppetto, abile e misterioso ingegnere inventore dei burattini automatizzati.
Ed è questo l’incipit su cui si basa la narrazione del gioco, un protagonista senza memoria, un’aiutante misteriosa e il nostro creatore da trovare per poter mettere fine alla frenesia dei burattini: un errore nella programmazione, un malfunzionamento generale che ha portato tutti i burattini a non rispondere più ai comandi degli esseri umani e attaccarli. Costringendo gli umani a barricarsi in casa per difendersi da queste macchine impazzite, danneggiando ulteriormente una città già spezzata dal morbo pietrificante, una tremenda malattia che porta alla morte o alla trasformazione in creature mostruose e incontrollabili dopo una lunga agonia.
Ben presto ci accorgeremo di quanto il team coreano sia riuscito a rendere coerente e a rispettare l’opera di Collodi nonostante qualche piccolo cambiamento. Prima di tutto, l’Ergo, un misterioso materiale che funziona sia da carburante per i burattini automatizzati creati da Geppetto, sia come importante pretesto narrativo che si sposa in modo eccelso al suo funzionamento di gioco. L’ Ergo è infatti sia il modo attraverso in cui Sophie, la fata turchina, ti parla o ti fa salire di livello, sia una risorsa che sarà fondamentale per acquistare oggetti dai mercanti, la valuta di gioco, insomma.
Non mancano chiaramente i personaggi più amati dell’opera originale: incontreremo infatti il grillo parlante, questa volta sottoforma di grillo meccanizzato chiamato Gemini, che ci farà compagnia tra le fredde e buie strade di Krat. All’appello sono presenti anche il Gatto e la Volpe, caratterizzati in modo eccelso dagli sviluppatori, rendendo coerente con il mondo il loro modo di fare ed agire. Certo non mancano anche nuovi elementi di wordbuilding che vengono approfonditi sia nei collezionabili disposti in giro per le aree di gioco, sia negli incarichi opzionali che spesso rispondono a domande aperte diverse ore di gioco prima.
La narrazione avviene in modo più classico e lineare rispetto ai souls-like cui siamo abituati, la presenza di molti filmati, di dialoghi chiari e puntuali rendono piacevole appassionarsi alle vicende di Krat, spiegando fin da subito elementi macroscopici del mondo come il Grande Patto, cioè le regole della robotica di Asimov che Geppetto ha inserito all’interno degli automi. La narrazione semplice e lineare viene valorizzata e approfondita dalle ambientazioni che raccontano il passato della città di Krat. Lo stile fortemente ispirato alla Belle Époque francese ma con i toni decadenti tipici delle opere souls-like riesce a creare una comunicazione costante con il giocatore, mettendo in evidenza ora quella pubblicità di uno spettacolo che si sarebbe dovuto tenere prima della frenesia dei burattini, ora quel graffito che segna l’ingresso di una zona comandata da una delle diverse fazioni che incontreremo nel gioco.
Menti o muori – Gameplay
Si potrebbe scrivere per ore di quanto Dark Souls abbia creato un nuovo filone videoludico, sarà per il gameplay action accattivante, sarà per la sfida che questi giochi offrono, ma è innegabile che negli ultimi anni questo genere abbia avuto terreno fertile per nuovi prodotti, uscendo dalla nicchia in cui si trovava, per diventare un vero e proprio genere pop. Lies of P è uno di quei prodotti nati da una costola delle opere From Software che riprende a piene mani il gameplay tipico dei vari Souls, aggiungendo qualche novità, senza però prendere il rischio di rivoluzionare il genere.
Il combattimento, parte prevalente del gameplay, si basa sui fondamenti delle opere a cui si ispira, con una grande varietà di armi con moveset unici e ben animati. Pinocchio avrà la possibilità di effettuare attacchi, colpi caricati, schivate ma soprattutto parate perfette; infatti, premendo con il tempismo giusto il tasto della guardia è possibile danneggiare le armi dei nemici più deboli o dei boss umanoidi fino a romperle oltre che caricare uno status non visibile a schermo: lo sbilanciamento. Infatti, dopo una serie più o meno lunga di parate perfette la barra della vita di nemici e boss brillerà di una luce bianca, colpendo il nemico con un attacco caricato o un attacco favola (uno speciale attacco che varia di arma in arma e usabile solo previo caricamento di una barra blu posta sotto la stamina) lo si stordirà, rendendolo vulnerabile ad un colpo critico da parte del giocatore. Ma attenti alla robustezza dell’arma, se non la riparate con la cote sempre disponibile e montata sul braccio sinistro di Pinocchio, l’arma potrebbe spezzarsi ed essere ripristinata solo ad un checkpoint nell’Hub di gioco o tramite l’uso di particolari e rari strumenti.
La schivata, responsiva e fluida è parte integrante di diversi stili di combattimento, avendo ogni arma un attacco unico se effettuato dopo una schivata. Anche la guardia, in caso non si voglia effettuare una parata perfetta, permette di assorbire parte del danno riducendo i danni subiti ma con la possibilità di recuperare la vita effettuando attacchi nei momenti successivi (proprio come in Bloodborne).
La quantità di armi presente nel gioco è soddisfacente, complice anche la possibilità di smontare e montare a piacimento la propria arma tramite uno Stargazer (il falò dei Souls, per capirci) o dall’armaiola presente nell’hub di gioco. Questa meccanica molto interessante nella teoria, portando a diverse combinazioni di impugnature e lame e a diversi moveset, nella pratica è utile solo nella prima decina di ore del gioco, avendo poi la possibilità di acquistare le armi dei boss, non smontabili, che sono statisticamente più performanti delle altre… un vero peccato.
Fondamentale è anche parlare del braccio sinistro di Pinocchio denominato Legione, un pezzo montabile a piacimento che sblocca diverse abilità, da una sorta di rampino in grado di avvicinare i nemici fino ad un lanciafiamme capace di fare danni ai nemici. La varietà delle braccia Legione è abbastanza buona, in grado di sposarsi agli stili di gameplay di diversi giocatori, essendo liberi di costruirci una build intorno o evitando completamente il suo uso. Allo stesso modo, gli oggetti consumabili che sono disponibili in quantità più o meno limitate in base alla rarità di questi ultimi, riescono ad aumentare le soluzioni di gameplay a disposizione del giocatore.
Come ogni buon Souls che si rispetti, è possibile aumentare le proprie statistiche utilizzando l’Ergo da Sophia nell’Hub di gioco ma, essendo Pinocchio un burattino fuori dagli schemi, anche Lies of P è un Souls-like fuori dagli schemi; ed è possibile migliorare il proprio personaggio innestando del Quarzo all’interno dell’Organo P, cuore pulsante dell’avatar di gioco. Questa progressione che si sostanzia in uno skill-tree, permette a Pinocchio di accedere a benifici aggiuntivi come nuove abilità o l’aumento delle cariche per curarsi; per ogni quarzo utilizzato è possibile selezionare un ulteriore privilegio passivo a scelta del giocatore. Il Quarzo tuttavia è una risorsa estremamente rara, protetta molto bene da miniboss o nascosta in forzieri particolarmente difficili da trovare.
L’esplorazione delle aree avviene in modo fluido e continuativo essendo tutte interconnesse tra loro e con un’ottima soluzione di continuità, riprendendo comunque la formula tipica dei souls, nel quale l’Hub di gioco, l’hotel Krat è posto al centro del mondo di gioco, potendo raggiungere in poco tempo tutte le mappe esplorabili, tramite scorciatoie e percorsi segreti. Ogni mappa presenta nemici e sfide ambientali uniche che portano man mano che si avanza alla bossfight di fine zona.
Parlando di Bossifight, i Boss sono presenti in buon numero, con design accattivanti, coerenti con la loro arena e un vero spettacolo per gli occhi, ma offrono un’esperienza non sempre appagante per via della loro eccessiva resistenza. A mio parere infatti i boss hanno una barra degli HP troppo lunga di almeno un quarto, un fattore che allunga di molto gli scontri. Nota negativa è anche la difficoltà generale tendente di molto verso l’alto, si rischia di dover ripetere gli scontri decine e decine di volte prima di poter riuscire nel combattimento; questo aspetto è presente soprattutto nella seconda metà di gioco dove gli attacchi dei boss sono costanti, veloci e potenti lasciando poche finestre al giocatore per colpire o curarsi.
Un gioco basato su Pinocchio non poteva non avere una meccanica basata sul mentire: infatti è possibile scegliere in determinati dialoghi se mentire o meno a degli NPC, creando delle conseguenze uniche per le loro questline, nonché facendo reagire l’Ergo all’interno di Pinocchio rendendolo sempre più umano e meno burattino sbloccando dialoghi unici.
Meccanismi – Comparto tecnico
Lies of P è un gioco straordinariamente curato per una produzione non tripla A; a livello grafico l’Unreal Engine riesce a regalare degli scorci stupendi, un’illuminazione credibile, delle animazioni fluide e molto spettacolari senza tuttavia sacrificare gli FPS, che nella modalità prestazioni della Series X mantengono i 60 fissi anche nelle situazioni più difficili.
Le musiche sono ispirate e molto belle, dai cori epici delle bossfight fino ai pezzi cantati più vicini all’ambientazione ottocentesca cui l’opera fa riferimento, tutte le canzoni che accompagnano Pinocchio nella sua epopea dark riescono a convincere a pieno.
Pezzo forte è sicuramente il doppiaggio inglese, i dialoghi ben interpretati e una caratterizzazione dei personaggi eccezionale riescono a farti entrare nel cuore molti dei co-protagonisti.
Positiva anche l’esperienza della quality-of-life, specie per quanto riguarda le quest secondarie, facendo uscire un’icona apposita per la missione vicino al falò della zona di riferimento quando si entra nel menù di teletrasporto.
Il gioco non è esente da pecche comunque, al netto di tanti pregi vi sono delle piccole ingenuità di cui è giusto parlare: alcune hitboxes sono poco precise, specie nelle armi con asta brandite dai nemici o da alcuni arti aggiuntivi dei boss. Vi è anche qualche ritardo nel caricamento di texture durante alcune scene animate che spezzano un po’ il mood generale di certe scene drammatiche.
Un ulteriore mancanza che mi sento di segnalare e che ho sentito nel corso di tutto il gameplay è la non presenza a schermo della barra di sbilanciamento del nemico. Una mancanza che purtroppo costringe il giocatore a non poter sempre prevedere quando il nemico sarà vulnerabile, dovendo spesso andare a sensazione e magari abbassare la guardia in un momento sbagliato portando ad un game over.
E vissero tutti felici e contenti – Conclusione
Lies of P, in conclusione, è un’opera prima più che valida, in grado di difendersi bene in un mercato difficile come quello dei souls-like, anche se con alcune imperfezioni. Si nota che la produzione non è come quella di un tripla A, mancando di vere e proprie aree segrete a cui gli amati (e odiati) giochi di From Software ci hanno abituato e a quest-line molto stratificate.
Tuttavia Lies of P è un gioco che mi sento di consigliare fortemente, soprattutto a chi è appassionato di giochi con un alto livello di sfida ma anche ai curiosi che vogliono scovare tutti i vari riferimenti all’opera originale che Round8 Studio ha disseminato per tutte le 30 ore circa di gioco (new game plus escluso).
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