Beh, che dire di Daymare: 1994 Sandcastle?
Quando inizialmente mi proposero di giocare e recensire questo titolo, devo dire che non ero per nulla turbato, anzi!
Sprizzavo interesse e curiosità da tutti i pori, e non per il fatto che Sandcastle fosse il prequel di Daymare: 1998, proprio no. Nonostante il costante sviluppo del settore videoludico, al giorno d’oggi sul mercato non sono ancora presenti moltissimi prodotti sviluppati da team italiani. Tenendo in considerazione ciò, ero quindi orgoglioso di potermi dedicare ad un’opera strettamente legata alla mia nazione.
Concluso il preambolo però, vi consiglio di prepararvi perché, spoiler: la mia non è stata per nulla un’esperienza positiva.
Ma direi di cominciare che forse è meglio.
Indice
La storia di Daymare: 1994
Il gioco come già precedentemente accennato, è un prequel di Daymare: 1998, titolo uscito nel non troppo lontano 2019. La protagonista Dalila Reyes, è una soldatessa ed ingegnere informatico, alla quale si deve la creazione del D.I.D. (Data Interchange Device) il piccolo computer portatile già presente nel sequel. Reyes però, è anche un membro dell’unità H.A.D.E.S. uno squadrone speciale che svolge operazioni di spionaggio, spesso non propriamente lecite.
In Sandcastle infatti, il tutto comincia con una convocazione per una importante missione di recupero alla quale la nostra protagonista, guardate un po’, parteciperà. Affiancata dal maggiore Radek e dal comandante Foster, i tre dovranno recarsi all’interno della spaventosa Area 51. Arrivati sul posto con estrema facilità, troveranno un campo di guardia completamente deserto e del tutto devastato, inaspettato vero? Da qui iniziano le nostre indagini in solitaria (ovviamente), e addentrandoci nel complesso le stranezze si verificano sempre più. Ad un certo punto fanno la loro comparsa i Decoy, cadaveri rianimati da una strana luce azzurra, che uccidono tutto quello che si muove.
Insomma, non dico altro per non spoilerare ma l’incipit non è sicuramente dei migliori. Quando si sceglie l’Area 51 come scenario per una storia è impossibile discostarsi dal paranormale e va bene così, dato che il susseguirsi delle vicende di Sandcastle è forse l’unica cosa che salverei di questo titolo, forse. Il modo in cui Daymare: 1994 si allaccia con il precedente gioco è sensato, nonostante alcune cose lasciate un pò a sè (si Reyes parlo proprio di te), e altre addirittura non prese nemmeno in considerazione. Detto ciò la storia va e prosegue anche con un certo andamento costante, risultando alla fine della fiera quantomeno coerente con il contesto della narrazione. Non è certamente il massimo, ma ho visto di peggio.
Quanto è Resident Evil il gameplay?
Risposta: TROPPO.
Purtroppo non esagero se vi dico che Daymare: 1994 Sandcastle è letteralmente una copia mediocre di Resident Evil, ma procediamo con ordine.
Ovviamente il fatto che sia così è una scelta del team e non una casualità, ci mancherebbe altro. “Copiare” oggigiorno è una scelta che tanti sviluppatori fanno per i propri prodotti, in modo da avere una base sulla quale appoggiarsi per poi partire con le proprie idee. Alcuni riescono bene e ottengono un risultato finale che supera le aspettative, altri tirano fuori un qualcosa che funziona ma che poteva essere fatto meglio, altri ancora si limitano a scopiazzare sbagliando su tutti i fronti. Tra questi quindi, dove si potrebbe collocare Sandcastle a mio parere?
Direi l’ultima senza dubbio, anche se in questo caso l’attenuante Resident Evil fa in parte la differenza.
Tutto ciò che concerne le meccaniche di gioco si basa sul titolo di Capcom, una serie che ha fatto la storia del genere horror e che ad oggi continua ancora a riscuotere successo. Davvero difficile sbagliare con questa partenza e Daymare: 1994 infatti, nonostante i pochi elementi ha un gameplay che fa il suo dovere. I combattimenti funzionano senza troppi intoppi e ci mancherebbe altro aggiungerei.
Ha dei problemi sia chiaro, perché se crei una protagonista che nella sua personale scheda delle capacità, oltre al saper sparare con fucile a pompa e mitragliatore, eccelle anche nel combattimento corpo a corpo, e poi nel gioco non ho nessuna arma a disposizione che mi aiuti nel close combat, la cosa risulta in un’opportunità non sfruttata a livello di meccaniche di gioco. Fammi almeno utilizzare i pugni se sono nei guai che dici? Visto che i Decoy sono molto rapidi nei movimenti a differenza di Reyes. I nemici infatti, si muovono a velocità elevata e un’aggiunta del genere sarebbe stata d’aiuto. Detto questo, le due armi a disposizione funzionano tutto sommato bene, indipendentemente dalla difficoltà scelta. Il mitragliatore è un pochino sbilanciato rispetto al fucile a pompa, ma in senso negativo, poiché in battaglia i suoi colpi non impattano come dovrebbero. Si tenderà quindi molto spesso ad utilizzarlo con meno frequenza.
Punto di forza del gameplay è il Frost Grip, un dispositivo con il quale la protagonista può sparare azoto liquido in grado di congelare i Decoy, ed eliminarli in breve tempo e senza troppi problemi. Il congegno in questione si ricarica automaticamente col passare del tempo, in maniera manuale da alcuni distributori oppure utilizzando una ricarica portatile consumabile. La meccanica è interessante e permette di riequilibrare il combattimento nel quale la protagonista, anche per problemi legati alla fluidità dei movimenti stessi, risulta essere in enorme svantaggio rispetto ai nemici.
Il Frost Grip può essere potenziato e la cosa mi ha un pò ricordato l’armatura di Isaac in Dead Space. Sarà quindi possibile scegliere in maniera del tutto personale il proprio upgrade. Se ad esempio si vuole un getto più potente rispetto ad una ricarica più efficente, il titolo permette a chiunque di muoversi come meglio crede.
Altra componente carina del gameplay sono gli “enigmi”, che tenteranno di bloccare il nostro avanzamento nelle varie sezioni di gioco. Ne esistono di diversi e tutti con un funzionamento specifico. Non sono particolarmente difficili da risolvere e a mio parere sono una scelta piacevole che spezza il ritmo dei momenti morti, in cui cerchiamo chiavi, documenti ecc… per andare avanti, insomma quei momenti in cui sai che non spawneranno nemici. Graficamente sono molto gradevoli e quello che spicca maggiormente è sicuramente l’hacking di sistema, presente anche in Daymare: 1998. Il minigioco, se così vogliamo chiamarlo, consiste nel digitare correttamente una password che blocca un segreto all’interno di un cassetto, armadietto, ecc. Il twist, sta nel fatto che i tentativi sono limitati e la password cambia ad ogni fallimento. Più si va avanti col gioco e più difficili diventano le varie prove, una scelta sì interessante ma che potrebbe risultare frustrante per alcuni.
Di male in peggio..
Io solitamente ho molta pazienza con i videogiochi e tendo sempre a valutarli considerando diversi punti di vista. Evito di dare giudizi affrettati, anche quando un prodotto risulta essere palesemente negativo. Vi dico questo per farvi capire che difficilmente mi innervosisco se qualcosa non va, proprio perché ho un’indole neutra che mi fa scivolare addosso le cose con facilità. Non mi sarei mai aspettato però che Daymare: 1994 potesse così tanto infastidirmi.
Innanzitutto le microespressioni facciali, una costante che nell’industria è oggi all’ordine del giorno, e che risulta essere di vitale importanza nelle cutscene di un videogioco moderno. Mamma mia se sono brutte in questo titolo, e non avrei mai pensato di dirlo! Vi ho già accennato al come io sia molto incline e neutro verso ciò che mi si para davanti, questa volta però non potevo assolutamente non lamentarmi. In Sandcastle la maggior parte delle espressioni dei vari personaggi, siano queste di sorpresa, dolore, terrore o altro, si verificano nel peggiore dei modi possibili, quasi come delle forzature per far muovere il volto dei personaggi. Il tutto risulta poco armonioso e privo di naturalezza. Per non parlare della protagonista Reyes, che non si sa per quale motivo possiede questo peculiare modo di guardare le persone: i suoi occhi sono completamente sbarrati, quasi come gli stessero per uscire dalle orbite!
Passiamo poi direttamente alle cutscene stesse del gioco. Santa pazienza, ma che disastro hanno fatto? Vi giuro, non ricordavo uno scempio del genere da anni.
Solitamente nei videogiochi di questa generazione quando una scena filmata parte, chiunque può osservare da vicino i personaggi e il come questi si sviluppino assieme alla storia stessa. Qui i “pg” non si vedono proprio! Eh si perché durante le mie sessioni di gioco, questi sparivano o si deformavano in maniera parecchio costante. Mentre giocavo notavo dei “salti” se così posso definirli, che ad occhio nudo risultavano in scatti che già di per sé rovinavano l’esperienza. Quando ho deciso di esaminarli frame by frame, beh… guardate voi stessi.
E queste sono soltanto alcune, perché ne ho raccolte un quantitativo spropositato! Una cosa del genere è la prima volta che mi capita con un videogame moderno. Un’esperienza così non l’avevo più vissuta dai tempi di PS2, e penso di aver detto tutto. Ci tengo a precisare che andando avanti col gioco quest’orribile sorpresa è diventata sempre meno costante, il che ha giovato alle mie retine.
In conclusione, e giusto per non farci mancare nulla, ho riscontrato anche diversi bug di gameplay. Nemici incastrati in alcune texture, ragdoll strani e fuori controllo, cose non troppo persistenti ma che ad ogni modo hanno impattato sulla mia (dis)avventura. Un bug in Daymare: 1994 che però mi ha fatto molto ridere è stato il poter spostare gli npc avvicinandomici. L’ho scoperto in maniera del tutto casuale e ad inizio gioco, dove semplicemente mi guardavo attorno e osservavo ciò che mi circondava.
E niente, mi sono avvicinato e l’npc in questione si è alzato in volo in un simil jump che l’ha scaraventato di fianco al cane. Preso dall’euforia ho poi iniziato a sperimentare con qualsiasi npc e la cosa funzionava praticamente con chiunque. Ho riso molto, devo ammetterlo.
Daymare: 1994 – Conclusione
Insomma, come avete potuto capire dalla mia recensione, Daymare: 1994 non è stato affatto un gioco che mi ha colpito in maniera positiva. Le premesse potrebbero anche andare bene ma è l’insieme a risultare completamente sbagliato. Troppi problemi ed evoluzioni minime rispetto al gioco del 2019, con una storia molto raffazzonata e basilare, sprovvista di colpi di scena. Il gameplay è l’unico “pregio” che possiede, ma anche lì sono presenti problemi che finiscono obbligatoriamente in secondo piano quando si considerano i restanti. Il titolo di Invader Studios non ha nulla che sproni un giocatore al volersi approcciare, non c’è niente al suo interno che lo differenzia rendendolo un qualcosa di leggermente diverso. Daymare: 1994 Sandcastle è in tutto e per tutto una mediocre copia mal riuscita di Resident Evil, privo di una sua personale identità.
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