Pubblicato il 25/08/23 da Jacopo Ambaglio

Dave the diver – Recensione

All you can swim
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Nella marea di indie osceni che swarmano su Steam ogni giorno (e ce ne sono), di tanto in tanto appare qualcosa di carino che sconquassa le classifica. Ecco, la roba carina che sconquassa le classifiche di fine giugno/inizio luglio è Dave the diver, titolo protagonista della recensione di oggi.
Questo “mollo tutto e apro un chiringuito in pixel art” parte con Dave, sommozzatore dalla dubbia idoneità fisica per il lavoro che svolge (e quasi nessuno mancherà di farglielo notare), che viene contattato da un amico imprenditore con un’offerta di lavoro: rifornire pesce al suo nuovo ristorante sushi immergendosi e pescando nel Blue Hole che, a quanto pare e stranamente, accoglie tutte le specie marine del mondo.
È tipo simile alla roba che cercava Sanji in One Piece quando tutti avevano un obiettivo e non si picchiavano con gli spacciatori sulle isole.
Questo è ovviamente solo l’incipit di tutta una serie di eventi che piomberanno addosso a Dave già dai primi giorni della sua nuova attività e tra assurdi compagni di viaggio, abitanti dei dintorni (e delfini) in cerca d’aiuto e un’intera popolazione nascosta di uomini pesci da scoprire le attività non mancano.

Dave the diver: gameplay loop di minigiochi

Se la trama di Dave the diver non è da premio Strega, non lo è neanche la profondità del gameplay, ma in un qualche modo MINTROCKET è riuscita a far funzionare tutto.
Sostanzialmente la giornata di Dave si dividerà in 3 sezioni: la mattina, il pomeriggio e la sera. Nelle prime 2 faremo immersioni a caccia di pesci, tesori e quest items, mentre la sera ci dedicheremo a gestire il ristorante rimpolpando gli ingredienti, sbloccando ricette, assumendo aiutanti e servendo ai tavoli i piatti dello chef.
Va da se che almeno per tutta la prima parte dell’avventura, senza troppi spoiler, verrà dedicata a queste 2 attività ben distinte: immersioni e gestione del ristorante.
Le immersioni sono ben gestite, avvicenti, piene di piccoli e grandi segreti da scoprire, ma soprattutto restituiscono un buon senso di progressione grazie a quella (poca, ma presente) parte GDR del titolo: ci immergiamo, raccogliamo quanto più possibile la capienza della nostra sacca permetta, cercando di dividere secondo necessità ingredienti e tesori e ci potenziamo per andare sempre più a fondo.
Tornati in superfice dopo le 2 immersioni comincia la fase serale con la gestione del ristorante e qui, a mio avviso, è dove il titolo comincia a zoppiccare davvero. Riempiti gli slot a disposizione con le ricette arriveranno i vari commensali che potrebbero chiedere uno dei piatti da noi inseriti nel menù o un bicchiere di the da riempire con un semplice minigioco. Lo chef comincerà a preparare il sushi e noi dovremo prendere il piatto pronto e portarlo ai clienti, aspettare che se ne vadano e pulire il tavolo. Al netto di clienti VIP che ci chiederanno piatti particolari fuori menù, eventi a tema e l’abbellimento estetico del ristorante, la parte gestionale è un po’ tutta qui. Quando tra l’altro si sbloccherà la possibilità di avere i membri dello staff, i nostri compiti serali quasi cominceranno ad azzerarsi.

Dave the diver e le cutscene che fanno un sacco ridere

Sembra strano, ma le cutscene dei personaggi che ci aiuteranno durante l’avventura sono uno dei punti di forza di Dave the Diver. Il momento in cui parte il video quando craftiamo un’arma o creiamo una ricetta vale il prezzo del biglietto. Per il resto, minigiochi a parte, il gameplay loop è sostanzialmente questo: ci immergiamo, esploriamo, torniamo a galla, gestiamo il ristorante e facciamo soldi per potenziare l’equipaggiamento e immergerci sempre più in profondità, proseguendo la storyline degli uomini pesce, risolvendo i problemi dei popolani e sconfiggendo eventuali boss giganti. Sì, la ripetitività può ovviamente essere un problema, ma c’è da dire che i contenuti sono parecchi e in qualche modo fino alla fine del gioco, compreso di finale e credits in linea con la follia del titolo, Dave the diver trova sempre il modo di stupire. Ve lo sta dicendo uno che ha 400 ore su Stardew Valley, non è che abbia problemi con il gameplayloop di un gioco, ma per dovere di cronaca, se qualcosa potrebbe risultare ripetitiva, tocca avvertire.

Ora, è l’indie definitivo? No, per vari motivi, ma il lavoro che è stato fatto nei mesi di early access è allucinante. Lavoro allucinante che ha un rovescio della medaglia: progredendo nel gioco verso i contenuti più recenti è evidente una maggiore cura grafica. Sì, insomma, i soldi dell’early sono stati ben investiti e stanno restituendo un meritato guadagno, ma nel prossimo periodo sarebbe il caso di dare una rimpolpata anche a tutta la parte iniziale. 17,90 euro su steam, da prendere, vale anche qualcosina di più, senza esagerare.
La parte gestionale serale del ristorante è da ritoccare: in questo momento si trova in quella strana zona di “un po’ è automatica, un po’ no” abbastanza fastidiosa.
Successo clamoroso figlio di una carenza di indie davvero validi nelle ultime settimane? Anche, ma non solo. Validissimo. Promosso, bravo Dave.

  • Riesce stranamente a sorprendere fino alla fine
  • tante idee
  • personaggi secondari clamorosi
  • buon gameplayloop

 

  • Gestione del ristorante da rivedere

 

Ipah - Biografia

Aspetta, faccio la presentazione standard da recensore navigato. Cresciuto coi videogiochi che quando ho cominciato io proprio levati, si giocava a Pong coi sassi. L'abilità videoludica di Faker unita al senso critico di Matt Preston.

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