Indice
Introduzione – Quarantena cyberpunk
Se l’attesa per Cyberpunk 2077 era già snervante prima, figuriamoci ora, chiuso in quarantena dopo aver riletto per l’ennesima volta la trilogia dello Sprawl di Gibson, quanto mi sto martellando gli zebedei all’idea del dover attendere fino a settembre e non aprile per immergermi nell’atmosfera di Night City. Fortunatamente, là fuori ci sono molti altri modi per calmare questa sete di cyberpunk, e Conglomerate 451 è uno di questi. Sviluppato dallo studio indie RuneHeads, così indie da contare solo pochi sviluppatori (italiani, tra l’altro) nel team, questo dungeon crawler procedurale che ricorda tanto un Legends of Grimrock pieno di innesti cibernetici ha occupato i punti morti dei miei pomeriggi da recluso.

Trama e mondo di gioco – Semplicità procedurale
La premessa è semplice: le corporazioni, che come la narrativa cyberpunk ci insegna sono sempre un male, tirano le fila del sottobosco criminale del settore 451 di Conglomerate City e starà a noi, l’agenzia speciale Valhalla, con il benestare dello Stato, smantellare questa criminalità organizzata entro 75 settimane (questo se decidiamo di giocare la modalità Storia; in caso di modalità Endless affronteremo senza limiti di tempo nuove missioni generate proceduralmente). Per farlo, ci toccherà gestire una squadra di cloni, farla progredire eseguendo missioni di vario tipo fino ad arrivare a sconfiggere i boss di ogni corporazione. Tutto questo immersi in un mondo di gioco che prende a piene mani da tutto ciò che si è visto nelle varie produzioni di genere: auto volanti, neon, innesti e quant’altro.

La semplicità della trama non è un gran problema, in quanto funzionale al gameplay procedurale del dungeon crawler. Ma purtroppo mi aspettavo di più dal mondo di gioco: apprezzo il lavoro fatto da RuneHeads ma trovo tutto davvero troppo derivativo: Conglomerate City è una distopia cyberpunk standard, non troppo dissimile dalla Los Angeles di Blade Runner, e ok, non male, ma mi sarebbe piaciuto vedere qualcosa di più originale.
Gameplay – Potpourri cibernetico
Passiamo invece al punto forte di questo Conglomerate 451, il gameplay: come già detto, visto da “lontano” tutto ricorda uno standardissimo dungeon crawler in prima persona, ma andando a vedere più nel dettaglio, la struttura del gioco si rivela molto più complessa e composta da generi videoludici diversi. Abbiamo una parte prettamente gestionale, ovvero quella dedicata alla gestione del Valhalla: creazione e miglioramento genetico e tramite innesti dei cloni, gestione della ricerca e sviluppo del sistema di clonazione, cure mediche e mantenimento degli agenti creati, eccetera. Una volta creata la nostra squadra ed espletato i nostri doveri da direttore, bisognerà decidere chi mandare in missione nel settore 451.

Qui il gioco passa alla parte più RPG: come ogni dungeon crawler che si rispetti potremo muoverci di tile in tile, interagendo con gli oggetti vicini in vari modi e combattendo con i nemici che ci si pareranno di fronte; è qui che Conglomerate 451 brilla, grazie ai molteplici modi di approccio col mondo di gioco: potremo decidere di agire con forza bruta, scaricando caricatori su caricatori di proiettili contro i nemici, sfondando porte e ignorando sistemi di sicurezza, oppure diventare degli hacker provetti per inibire le difese nemiche, nascondendo la nostra presenza. Aggiungiamo poi un pizzico di puzzle ambientali e mappe sempre diverse grazie alla generazione procedurale ed avremo un cocktail perfetto.
Comparto Tecnico – Innesti 3D
Graficamente ci troviamo di fronte a un 3D generalmente migliore di quanto mi aspettassi da un team piccolo come quello di RuneHeads; si poteva fare di meglio, certo, ma non siamo troppo lontani da quanto mi aspetti da un gioco tripla A più che discreto. Inoltre il mondo di gioco (anche se, come già detto, in maniera tanto derivativa), personaggi secondari e nemici trasudano un feel cyberpunk da ogni poligono.

Il comparto sonoro invece pecca un po’; i temi musicali purtroppo mi hanno annoiato in fretta, nessuno di loro mi si è ficcato in testa e il sound design in alcuni casi mi ha infastidito, in particolare l’sfx legato al danno subito dai nostri cloni.
Conclusione
Di sicuro Conglomerate 451 non può sperare di rivaleggiare con l’opera di CD Projekt Red (e dubito voglia farlo), ma rimane comunque un godibilissimo esempio di dungeon crawler con ambientazione cyberpunk, nonostante la poca originalità del setting. Se cercate un gioco per riempirvi le giornate grazie a una mole assurda di contenuti generati casualmente e volete supportare le software house italiane, date un’occasione al gioco di RuneHeads.
Ah, piccolo appunto… Avete presente la lista di key gratuite per affrontare la quarantena che gira sul web da qualche settimana? Ecco, ringraziate gli sviluppatori di Conglomerate 451, l’idea è stata loro.