Pubblicato il 31/08/22 da Luca Dedei

Tekken Bloodline

Due paroline sull'adattamento anime del terzo torneo del Re del Pugno di Ferro

Dopo un lungo periodo di tempo dall’ultimo adattamento (cinematografico e animato che sia) della serie Namco, Tekken Bloodline prova a rimettere a posto la mira e tenta un approccio molto più fedele alla storia raccontata nei giochi.

Tekken Bloodline – Fedeltà alla storia originale

La storia segue quella presente in Tekken 3, integrando anche delle scene ambientate prima del fatidico torneo che vengono menzionate solo nel manuale di istruzioni e nell’intro del titolo. Qua dunque abbiamo diversi episodi incentrati sulla crescita e l’allenamento del nostro protagonista, Jin Kazama, prima con la madre Jun e poi col nonno Heihachi Mishima, i quali gli mostreranno diverse visioni sia della lotta che del mondo, con la prima che dona insegnami positivi e pacifisti, mentre il secondo molto più crudo, aziendalista e negativo.

E questo parallelismo sarà infatti la chiave della crescita di Jin, che dovrà competere interiormente con le varie filosofie insegnatagli per tutta la durata della storia, la quale seguirà in maniera molto curata molti aspetti di quelli che si vedono nel gioco. Infatti non vedremo solo la trama come dovrebbe effettivamente andare con l’ascesa di Jin verso lo scontro con Ogre e contemporaneamente la sua discesa verso il soccombere al gene del diavolo, ma vedremo anche diverse diverse chicche sparse qua e la per tutta la durata dei 6 episodi, dalla nascita dello storico outfit con le fiamme, alla presenza di elementi importanti quali il medaglione di Chang e i riferimenti tramite flashback dei primi due capitoli, che chiariscono perfettamente cosa è successo prima e spiegano quanto importante sia come minaccia il gene demoniaco, oltre che mostrare Kazuya senza creare buchi di trama (perché ricordiamoci, durante lo svolgimento del terzo torneo, sta nuotando nella lava).

Vedere i moveset dei vari lottatori trasposti in maniera così fedele è una gioia per gli occhi.

Infine, per quanto riguarda i combattimenti, si ha una perfetta esecuzione delle manovre e delle tecniche prese direttamente dal gioco.
Usando un po’ di termini gergali a cui noi tutti ormai siamo abituati, in Tekken Bloodline possiamo effettivamente vedere come siano stati trasposti direttamente parti dei moveset del gioco nella serie animata, compresi anche di effetti visivi del colpo e persino l’esecuzione di una Rage Art, il tutto fuso in maniera così organica con la sceneggiatura da non rendere forzata l’inclusione di questi dettagli ed evitare dunque l’etichettatura di fanservice fine a se stesso.

Tekken Bloodline – Utilizzo discutibile dei personaggi

Se bisogna però parlare di difetti, Tekken Bloodline purtroppo ha uno scarso utilizzo della miriade dei personaggi del roster del titolo.

Che sia per la mancanza di tempo, dato che 6 episodi dalla media di 24 minuti sono effettivamente pochi, o sia per concentrarsi di più su Jin e chi gli ruota attorno, il risultato è la presenza di figure abbastanza riconosciute dai fan che però fanno un’apparizione di pochissimi secondi nella scena di inizio torneo per poi sparire completamente e persino essere sconfitti off-screen.

Con questo poco tempo a schermo di gente come Yoshimitsu, Anna, Kuma o la totale assenza di altri come Bryan Fury e Eddie Gordo, per dirne alcuni, viene da storcere il naso per la presenza di lottatori non presenti effettivamente in Tekken 3, come Leroy Smith e Marduk, con una situazione che peggiora una volta visto come vengono trattati. Leroy viene relegato a un ruolo di “persona brava a combattere ma che ha qualche conto in sospeso con Heihachi” che, come chiunque conosca anche solo in minima parte la storia, è un ruolo che può adempiere letteralmente chiunque, mentre Marduk fa parte della schiera delle apparizioni brevi che viene sconfitto senza farsi vedere, messo quasi solo per dar fastidio.

Al di fuori di quelli che ruotano intorno ai Mishima e a Jin, come Ling Xiaoyu e Hwoarang. Solo King riesce a ricevere un po’ di spazio in questo torneo.

Una buona serie per appassionati che hanno un po’ di tempo libero

Sicuramente Tekken Bloodline non spicca come opera rivoluzionaria, ma rimane comunque la migliore resa della storia di Tekken ad oggi (non che ci volesse particolare sforzo) e soprattutto una delle trasposizioni da videogioco ad anime meglio riuscite.

La grafica 3D non brilla nè fa rabbrividire, per quanto alle esagerazioni delle proporzioni ci si fa in fretta l’abitudine e al resa molto fluida nei movimento e decente dal punto di vista grafico, questa cade un poco nelle espressioni, con alcune scene in primo piano dove si è dovuti ricorrere al 2D per avere risultati molto più gradevoli alla vista (che fanno rimpiangere la scelta della CGI), ma che comunque riesce a dare quello che serve nel momento giusto.

Alcuni primi piani in 2D ti fanno chiedere come sarebbe stato tutto l’anime in questa tecnica.

Infatti grazie a piccole espressioni, reazioni e azioni compiute dai personaggi, è presente molta narrativa non raccontata a voce, evitando dunque il cliché dei personaggi che devono descrivere ogni scena e pensiero, portando dunque una presenza di dettagli a schermo che rendono veramente gradevole la visione.

Si nota dunque molto la supervisione di Katsuhiro Harada, direttore della serie originale di Tekken, che ha permesso a questa serie di essere molto fedele al titolo originale (di cui lui è molto legato essendo Tekken 3 il suo primo capitolo come direttore e non semplice game designer) e molto gradevole per tutti gli appassionati.

Kimer - Biografia

Un semplice Nessuno, videogiocatore di periferia. Nato durante la Bizarre Summer e cresciuto nella provincia di Milano in una relazione praticamente simbiotica con i videogiochi.