Pubblicato il 09/04/24 da Antonio Rodofile

Movierooms – Intervista ad Arianna Lona e Ivana Murianni

In occasione della campagna Kickstarter di Movierooms, abbiamo parlato con Arianna Lona e Ivana Murianni di Mad Pumpkins

In occasione dell’avvio della campagna Kickstarter per il loro primo gioco, Movierooms (ecco il link della campagna), abbiamo parlato con Arianna Lona e Ivana Murianni, rispettivamente founder e narrative designer di Mad Pumpkins. Il titolo sarà un gestionale nel quale il giocatore potrà creare e portare avanti la propria sala cinematografica in diverse epoche della storia del cinema. Condito da situazioni bizzarre, personaggi e film reali della storia del cinema e una grande varietà di attività da fare, Movierooms si presenta come un titolo da tenere assolutamente d’occhio per tutti gli appassionati di gestionali.

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Presentatevi, come vi siete conosciute e come nasce Mad Pumpkins?

Ivana: Sono Ivana Murianni e sono la narrative designer di Mad Pumpkins. Nasco come sceneggiatrice e continuo ad occuparmi di tanti progetti sia a livello crossmediale, sia lato editoriale. Scrivo e ho scritto diverse serie manga, tra cui Fr33dom per Upper Comics o Shingan per Shockdom e una storia breve per Mondadori ispirata alla canzone “Baci dalla Tunisia” di Mamhood. Sono atterrata nel mondo del videogioco dopo alcuni anni passati dalla parte della giornalista videoludica che mi ha portato, per un po’ di tempo, a scrivere su Eurogamer.it.

Adesso mi occupo di videogiochi, fumetti, ma anche di animazione. Sto lavorando a una serie per bambini che si chiama Pets. Mi piace lavorare nel mondo della scrittura a 360 gradi. Lato videogioco, come anche Arianna, credo molto sia nel senso di comunità che nella parità di genere nel settore. Io e Arianna siamo tra le fondatrici di IGDA Milano (International Game Developer Association già presente anche a Roma e Torino) e sono ambassador di Women in Games, quindi, parlo di parità di genere nel mondo videoludico e mi batto per una maggior equità.

Arianna: Mi chiamo Arianna Lona, sono founder e game producer di Mad Pumpkins. Provengo da Trento e ho vissuto sette anni a Parigi dove sono entrata a conoscenza del settore videoludico. Mi ha aiutata molto la triennale in grafica e multimedia fatta a Brescia (10 anni fa) dandomi le competenze necessarie per diversi mestieri come video, montaggio, grafica vettoriale e Photoshop che mi hanno portato a dove sono adesso. Grazie a questo percorso grafico ho conosciuto altre realtà come Women in Games Francia di cui sono entrata a far parte. Lì ho conosciuto anche la mia co founder dal lato francese che si chiama Marie Legrand. Lei è una sviluppatrice che ha fatto il cuore del prototipo, mentre io mi sono occupata della parte grafica.

In Francia ho conosciuto anche Alexander Gomes che è l’altro co-founder che ci supporta dal lato esterno al lato tecnico. Fa il videomaker e quindi ci aiuta più sul lato di comunicazione ed eventuali video o materiali sul gioco. In Francia cinema e videogioco vanno di pari passo e hanno degli aiuti per il settore videoludico. Solo che eravamo alle prime armi e giovani, nessuno proveniva da 20 anni di lavoro in aziende conosciute e quindi era ed è più difficile accedervi perché devi già avere un fondo privato, dei giochi pubblicati e altre prerogative che a suo tempo non avevamo.

In quel periodo, comunque, siamo cresciuti molto anche noi nel percorso che volevamo fare per arrivare al gioco che abbiamo mostrato. Abbiamo partecipato a tre giorni di workshop in Francia organizzato da Arte, un’emittente televisiva francese. Lavorando con altri professionisti del settore siamo stati indirizzati ad un percorso più redditizio per noi in quanto sviluppatori di quel gioco.

Siamo passati, quindi, da una versione mobile a quella pc che è l’attuale versione pre-alpha. Dopo i due anni di pre-produzione e creazione aziendale in Francia dovevo rientrare in Italia, ma non volevo lasciare il progetto. Dato che con gli altri due cofondatori avevamo strutturato un sistema lavorativo e di organizzazione del progetto da remoto, ho potuto proseguire dall’Italia.

Venendo in Italia ho potuto candidare il progetto nel primo bando inerente i videogiochi che è quello di Lazio Innova e Cinecittà. Siamo stati selezionati e abbiamo vinto il finanziamento, partecipando a quattro mesi di percorso di accelerazione business nel settore gaming, concluso con un pitch day e demoday compresi. Questo fondo ci ha permesso di espandere il team con l’arrivo di due persone. Ad oggi siamo 14 membri.

Siamo tutti freelance e, oltre a sviluppare, dobbiamo anche condurre una vita di ricerca clienti e rispondere ad altre richieste di altri progetti. Bisogna riuscire a fare tutto in poco tempo e con le risorse a disposizione. Cinque di noi sono full time e altri vengono su richiesta a seconda di quando ci servono. La società è nata a fine 2021 ed è situata a Roma, abbiamo iniziato lo sviluppo del videogioco a gennaio del 2022.

Arianna, tu sei la founder e la art director dello studio, puoi dirci qualcosa in più sul tuo lavoro? Com’è una tua giornata tipo?

Arianna: Come percorso di studi sono stata grafica, ma se vuoi aprire uno studio indipendente devi riuscire a coprire tutti i buchi delle professioni che mancano. Quindi, sono più di due anni che non riesco più a toccare la mia tavoletta grafica e sono passata a una parte di project manager e di business development. Si tratta di tutta quella parte necessaria a far crescere uno studio e quindi il mestiere di disegnatrice è accantonato.

Le mie doti grafiche sono più concentrate sulla parte di community manager, quindi i vari contenuti e l’aspetto comunicativo. Adesso, però, è entrata una nuova ragazza che da qualche mese si occupa della parte social. Dal momento che ci manca un UX/UI designer, mi sono occupata anche di tutta la parte dell’interfaccia che, però, è da rifare perché non è funzionale. Tuttavia, si è rivelata utile sia per realizzare la demo che per far vedere i materiali che abbiamo a eventuali nuovi membri del team, publisher o giocatori che vogliono testare il nostro gioco.

Inoltre, siamo in contatto con l’associazione Accessibility Game Hub, francese, e flyLILLO in Italia. Sono due associazioni che si dedicano proprio all’accessibilità di software e nei videogiochi per tutti, ma anche per alcuni tipi di disabilità. Vogliamo collaborare con loro per rendere il gioco disponibile a daltonici, persone con problemi di udito e tante altre categorie che hanno bisogno di un’interfaccia accessibile.

Ivana, puoi dirci, invece, di cosa si occupa una narrative designer in un progetto del genere?

Ivana: Io sono una delle ultime arrivate nel team, mi sono trovata a lavorare su un gioco già fatto. Sono entrata nelle ultime fasi di produzione, nelle quali ho lavorato più sull’operatività dei livelli già pronti. Mentre adesso sto concludendo i livelli che ancora non ci sono, quindi, lavoro su tutta la parte di documentazione che è molto importante ed è invisibile al momento in cui giochiamo ad un videogioco o pensiamo alla lavorazione di un gioco.

Quello che faccio come narrative designer è pensare all’implementazione narrativa del videogioco. Questo non significa soltanto scrivere i dialoghi o le descrizioni degli oggetti, che è un lavoro più di superficie. Piuttosto, mi occupo di integrare il game design del gioco con una serie di proposte che possono lavorare in sinergia con le dinamiche di gameplay del gioco, andando ad aggiungere un tassello in più, ovvero quello della storia.

Nel mio caso, mi sono trovata a lavorare su un gioco che già presentava una struttura in nove livelli che vanno a esplorare diverse parti del mondo e diverse epoche. Partendo da questo presupposto, ho tirato giù un concept narrativo che ci porta ad indagare su un mistero della timeline cinematografica che ha portato le più grandi personalità del mondo del cinema come registi, attori e attrici nelle epoche sbagliate. In ogni epoca troveremo dei personaggi che non dovrebbero essere lì e dovremo convincerli a tornare alle loro epoche di origine, per impedire che il continuum spaziotemporale venga a mancare e la storia del cinema rischi di scomparire.

In questa storia, abbiamo un cicerone di eccezione che è Gaspard, la nostra mascotte a forma di Oscar. Grazie ai suoi poteri magici riusciamo a viaggiare nel tempo e portare a termine la nostra missione. Questa è una parte che al momento non è ancora implementata, ma crediamo, come team, che questo possa portare un valore aggiunto a Movierooms perché anche solo se pensiamo alle nostre reference, come la saga di Two Point, hanno tutte una fase narrativa molto scarna.

La mia sfida, come narrative designer, è quella di misurarmi con un genere che solitamente non ha al suo interno una componente narrativa e cercare di trovare il modo per fare quagliare bene tutto, evitando però che rimanga troppo didascalico. Una delle nostre intenzioni, infatti, è quella di educare sul mondo del cinema. Venendo da un background cinematografico è qualcosa che mi sta particolarmente a cuore.

Vogliamo educare le persone al mondo del cinema e ad andare a vedere i film al cinema, ma non vogliamo essere troppo didascalici. Nei livelli completi ci saranno sicuramente delle parti di narrazione, come fatti storici o descrizioni dei film reali che chi avrà la voglia di approfondire potrà leggere per andare a capire da dove sono nati, ma vuole comunque essere una cosa lasciata al player e non obbligatoria.

Ad esempio, nel livello del 1930 dovremo concentrarci su quella che è la realtà storica dei fatti, ovvero la dittatura fascista. Avendo tra le mani un gioco che, in certa misura, è storicamente accurato, la narrativa non poteva che andare di pari passo e avremo a che fare con la censura.

Arianna: Anche perché in molti non sanno che le sale cinematografiche si sono trovate in grandi difficoltà con alcuni film che non hanno più potuto programmare. Quindi stiamo dando delle nozioni di qualcosa che è realmente accaduto, giocando e divertendoti.

Anche se i livelli attualmente disponibili in Movierooms hanno dei contenuti limitati, la modalità sandbox lascia già trasparire parecchio materiale a disposizione. Qual è il vostro obiettivo finale? Come immaginate l’esperienza del giocatore?

Ivana: Movierooms nasce con una finalità educatrice, oltre che videoludica. Vogliamo unire l’aspetto più divertente del management game, a quello più storico cinematografico/artistico. Abbiamo due pubblici di riferimento: appassionati di management game e anche quelli che non sono abituati a giocare ai videogiochi, ma che amano il cinema e hanno la curiosità di capire come funzionano le sale cinematografiche.

Movierooms, per noi, è un insieme di finalità: educare sul mondo del cinema in modo divertente, riportare in auge e insistere sulla bellezza di andare al cinema in quanto luogo di bellezza in cui possono succedere tante cose ed è il luogo in cui chi crea i film incontra chi li guarda.

Le situazioni saranno le più disparate: un cineasta che deve fare la sua prima premiere e non sa dove farla, oppure la star dello star system degli albori del cinema che ha una serie di richieste da soddisfare. Stiamo cercando di giocare con situazioni apparentemente assurde che, però, potremmo benissimo trovare nella vita di tutti i giorni.

Ti racconto anche un piccolo aneddoto. Io ho lavorato anche nel mondo del cinema, nella produzione. Una volta stavo gestendo una prima e il regista mi ha chiesto di aumentare il volume. Ho provato a spiegargli che in regia mi hanno detto che è già abbastanza alto, ma lui ha insistito. Quindi, anche se sai che non è la cosa giusta da fare, fai un gran sorriso e vai in regia a chiedere di alzare il volume. Quando lo hanno fatto, il regista si è accorto che era effettivamente troppo alto, quindi, sono tornata in regia a chiedere di abbassare.

È un aneddoto un po’ comedy, che però fa capire come le richieste che possiamo trovare in game non sono così distanti da quelle della realtà, di quelle persone che nel mondo del cinema ci lavorano con tutte le diverse maestranze: chi proietta in sala, chi è dietro la cinepresa o chi semplicemente va al cinema.

Arianna: Il primo prototipo di Movierooms era totalmente diverso da quello attuale. Si parlava sempre di cinema, ma si cadeva in queste stanze dove si interagiva con diversi personaggi. Era un’applicazione per tablet punta e clicca. Ci ha fatto crescere come team e ci ha aiutato a capire dove vogliamo arrivare.

Un obiettivo molto ambizioso a cui ci stiamo avvicinando è il fatto di gestire delle proprie sale, ma anche sale reali come la Grand Rex di Parigi che è già nostro partner. È il cinema numero due o forse anche il primo europeo. È nato nel 1933 e porta con sé tutta la sua storia. Se lo digitalizziamo, il giocatore potrà imparare la storia di quel cinema e ricevere dei messaggi personalizzati dalle sale e scoprire che, se è a Parigi, può andare a vedere determinate proiezioni.

Questo è un altro obiettivo da fare a tappe, nel momento in cui il gioco avrà una sua comunità. I gestionali, come diceva Ivana, sono targettizzati per chi ama questa tipologia di gioco ed è abituato a tanti dettagli e la possibilità di personalizzare tante cose e ingrandire sempre più il gioco. Tutti i titoli di questo genere partono sempre da una piccola struttura per poi aprirsi a un grande impero. Anche noi partiamo da un piccolo cinema e arriviamo a un enorme multiplex in cui potremo avere anche i nostri ristoranti o le sale arcade. L’obiettivo è sempre quello di ingrandirsi.

Allo stesso tempo, quando si cresce e se le cose piacciono, ci saranno tante integrazioni da parte della comunità che sarebbe bello implementare in gioco. Se vediamo che è fattibile per alcuni registi indipendenti farsi pubblicità tramite noi, l’obiettivo sarà quello di chiedere loro l’autorizzazione di ridisegnare il loro poster, chiedere dove il loro film verrà mostrato e fare questo tipo di pubblicità all’interno del gioco per permettere al giocatore di programmarlo e conoscerlo.

Anche perché il cinema ne ha affrontate di tutti i colori, ma non è mai morto e non morirà nemmeno adesso. Però scoprire le difficoltà che ha dovuto superare, per i giovani, è più semplice tramite un gioco che leggere o studiare la storia del cinema.

I film, in Movierooms, hanno delle locandine rivisitate e anche dei frame rifatti, come avete fatto? Quanto saranno fedeli agli originali nella versione finale?

Arianna: Quelli che abbiamo implementato per far capire dove vogliamo arrivare sono delle rivisitazioni di film realmente esistiti che, per evitare problematiche, abbiamo deciso di ridisegnare noi.

Quelli di inizio 900, però, sono già fuori dal diritto di autore perché sono passati più di 80 anni.

Arianna: Quello sì, hai ragione, ma bisogna stare attenti anche alla legge nello stato in cui viene pubblicato il film in questione. Per evitare eventuali problematiche abbiamo deciso di ridisegnarli e rivalutarli anche dal lato grafico.

I poster che vedremo in game sono rifatti tutti da Riccardo Rossi, il nostro artista 2D. Lui ridisegna i frame a partire dai film reali. Se il film è di 8 minuti nella vita reale, i frame che andremo a vedere nel gioco saranno minori rispetto a quelli moderni che ne avranno molti di più. Questi frame sono sempre sulla base dei film originali. Se prendiamo l’esempio dell’Arrivo del Treno (dei fratelli Lumiere, ndr), non vedremo il treno arrivare davanti come nel vero film, lo vedremo andare lateralmente. È una reinterpretazione della scena originale.

Se, però, andiamo nell’enciclopedia vedremo la trama originale e la locandina originale. Questo perché l’enciclopedia è una specie di omaggio e citazione all’opera reale. Nel 1900 è già più fattibile, ma quando ci avviciniamo ai nostri giorni quello che c’è dietro è un grande lavoro di ricerca nostra nel rifare questi film, citare le persone e contattarle. Se non si trova un accordo ce li creiamo noi e gioca di pari passo anche la parodia. Quindi, cambiamo alcune lettere e lasciamo solo intuire che può trattarsi di quello. A libera interpretazione, ci si può avvicinare al film.

C’è anche una grande ricerca dal lato legale, perché tutto quello che facciamo lo passiamo al nostro legale che se ci dice di stare attenti a qualcosa per un determinato motivo, allora viene cambiato.

State per aprire un kickstarter, volete dare qualche dettaglio in più?

Arianna: Il lancio è il 9 aprile e durerà un mese, fino al 6 maggio. Durante questo mese abbiamo varie interviste, ci faremo vedere a qualche evento e parleremo del gioco. Durante questa fase, quindi, si verrà a scoprire molto più sul gioco, senza dimenticare i premi che sono la cosa più interessante.

Noi abbiamo optato per questa via della campagna crowdfunding rewards perché è una fase che le startup giovani dovrebbero usare per farsi conoscere, dimostrare di avere le capacità per fare quello che stanno proponendo ed entrare in contatto con la comunità interessata.

C’è stato un grande lavoro di pre-lancio e stiamo ancora lavorando per spiegare bene alcuni dettagli dei premi perché deve essere tutto comprensibile (trovate kickstarter di Movierooms a questo link).

Credete che le campagne di crowdfunding possano funzionare in Italia?

Arianna: Sì, conosco persone che l’hanno superata. Ma funzionano solo se dedichi ogni giorno a contattare le persone. La press è molto importante e più se ne parla in giro, più è facile che venga notata. La comunità di Kickstarter funziona quando tu sei presente e sai rispondere ai commenti e spieghi tutte le necessità e problematiche che si stanno vivendo in quanto team indipendente.

D’altro canto, tutto è marketing e se hai soldi da spendere in questa fase è più facile che vada in porto piuttosto che no. Allo stesso tempo, tante cose dipendono da fattori esterni, anche l’aumento dei prezzi e la guerra, ad esempio, hanno portato la gente a sostenere di meno perché deve pensare più a se stessa. Ma, secondo me, se ci lavori e ci stai dietro è fattibile. Invece, se la pubblichi e la abbandoni non funziona. Però ne riparliamo dopo la campagna!

Noi abbiamo fatto cinque mesi di pre lancio in cui abbiamo cercato di capire i canali da attaccare. Abbiamo dovuto anche contattare un’agenzia che ci aiutasse ad avere dietro una strategia. Farlo senza strategia è più difficile.

Leggendo sul vostro sito, ho notato che nel corso degli anni avete partecipato a molti progetti fino ad arrivare a Movierooms che, di fatto, è il vostro primo gioco. Cosa si prova a gestire una software house in questo periodo storico?

Arianna: Se c’è la motivazione duri tanti anni e cerchi di farla funzionare. Il nostro errore è stato di non avere altri giochi commercializzati, ma per farlo devi avere i fondi. Se hai altri giochi commercializzati è più facile. Anche in quel caso, però, devi avere le risorse, quindi, essere ricco o avere un team disposto a mettersi lì a lanciare giochi gratuitamente per passione. Però, io non accetto che la gente lavori per me gratis e quindi siamo più lenti, ma proseguiamo a seconda delle risorse e del tempo del team.

Il mio team è una famiglia e ci apprezziamo, ma proprio per questo non vogliamo approfittarne. Io stessa non sono ancora retribuita. Questo è normale perché, in quanto capo, se trovo dei soldi cerco di darli a chi mi sta aiutando nel progetto. Ho anche la fortuna che mio marito e la mia famiglia credano molto nel progetto e mi stanno aiutando, con la speranza che poi sarò io a mantenerlo! Sono dei sacrifici che non tutti sono disposti a fare e a portare avanti, bisogna anche avere lo spirito imprenditoriale.

A proposito dello spirito imprenditoriale, ho un’ultima domanda da farti che ormai è un must in queste interviste: dove vi vedete tra 10 anni?

Arianna: Se mi avessi fatto questa domanda dieci anni fa, avrei avuto obiettivi più ambiziosi ma, essendo una startup, tra dieci anni non saremo più innovativi, perché quello dura cinque anni. Però, dovremo essere una realtà ben sviluppata con l’obiettivo di avere sei bei giochi pubblicati con nuovi partner dal lato filmico, ma non solo. Lo studio vuole fare dei progetti non solo gestionali, ma anche altre tipologie di giochi.

Un sogno personale è quello di avere dei partner che ci permettano di collaborare anche con Pixar e con produzioni di cinema di animazione. Magari non saremo più uno studio piccolo perché sarebbe bellissimo mantenere questa strada, ma se si vogliono creare dei contenuti extra devi avere del personale che ci sta sotto per fare uscire contenuti ogni tre mesi. Spero anche di avere uno studio fisico e non stare sempre in remoto. Vorremmo toccare realtà come Netflix o altre grandi aziende sia dal punto di vista filmico che del videogioco. Anche aziende impossibili che, però, vogliono aprirsi alla realtà videoludica.

Il videogioco è un media che ti permette di fare passare tutti i messaggi possibili: immigrazione, guerra… Giocando nei panni di qualcuno che ci è dentro porta tanta riflessione. Noi che abbiamo il potere di creare questi strumenti è giusto che lo facciamo nella giusta direzione, affrontando tutti i temi possibili, senza avere un limite.

Antonio Rodofile - Biografia

Sono nato col pad in una mano e la penna nell'altra. Trent'anni dopo, scrivo con la tastiera.