Ci sono numerosi modi di creare un sequel. Uno dei più comuni è la classica formula del “more-of-the-same“, ovvero lo stesso identico prodotto con una nuova mano di vernice (e, a volte, neanche quella), ma il mio preferito è il sequel che utilizza il suo predecessore come trampolino di lancio verso nuovi obiettivi: Silent Hill 2 e Half-Life 2 sono esempi eccellenti di quest’ultima categoria.
Come abbiamo visto la scorsa settimana, Saints Row era un prodotto sperimentale, tenuto a freno dall’inevitabile tentazione di competere con GTA sul suo stesso terreno, che ne azzoppa la capacità di forgiare un’identità propria. Il primo Saints Row, riesaminato a posteriori, è poco più di uno scheletro.
Siamo nel Settembre del 2007, poco più di un anno dopo l’uscita del primo episodio: un piccolo annuncio di Volition fa capolino sulle maggiori testate: Saints Row 2 è ufficialmente in lavorazione ed uscirà l’anno successivo. Ancora una volta, Saints Row competerà direttamente con GTA, il cui quarto capitolo sarebbe uscito nell’Aprile del 2008. Questa volta, però, Volition può farsi forte di una discreta fanbase già bene assestata, nonchè di uno scheletro di comprovato successo: non hanno più bisogno di calcare lo stesso terreno del loro concorrente, sono finalmente liberi di forgiare la propria identità.
È così che Saints Row 2 infrange le aspettative fin dal primo istante di gioco: il finale del suo predecessore non lascia molto spazio ad un seguito diretto ma, nonostante ciò, il protagonista è riuscito a sopravvivere all’esplosione della barca su cui è stato attirato con l’inganno, cadendo in coma per alcuni anni. Al suo risveglio si ritrova in prigione e scopre che, in sua assenza, i 3rd Street Saints sono stati smantellati, nuove gang hanno conquistato la città di Stilwater e, in un bizzarro cross-over con l’universo di Red Faction, la corporazione Ultor ha acquistato e ricostruito interi quartieri, mirando al controllo completo.
La differenza di tono è immediatamente ovvia, dettata da numerosi fattori: mani più incisive alla regia e sceneggiatura trasformano l’allegra commedia d’azione Hollywoodiana in una storia decisamente più surreale. Aumenta il grado di violenza, più rapida e marcata, soprattutto durante le cutscene, in cui le sparatorie iniziano e finiscono nell’arco di pochi secondi ma mai senza conseguenze. I dialoghi diventano più veloci e taglienti, uscendo dalla bocca di personaggi frammentati, quasi psicopatici. Basta guardare la nuova line-up di gang, da cacciare a suon di sonori papagni, per rendersi immediatamente conto di che tipo di storia Saints Row 2 tenta di raccontare: i Brotherhood, una compagnia di anarchici che scorazza a bordo di monster truck, guidata da un mostro d’uomo di nome Maero, i Ronin, una colorata Yakuza che sembra vomitata direttamente da Kill Bill, con tanto di giacche di pelle e katana come armi distintive ed infine i Sons of Samedi, un cartello della droga, capitanato nientemeno che da un prete voodoo.
È assurdo! È surreale, ma il mondo di gioco si muove come se tutto ciò fosse perfettamente normale, una completa follia verso cui lo stesso protagonista non batte ciglio, portando a chiedersi quanto ci sia di normale anche nel personaggio che si controlla.
Il protagonista è probabilmente l’entità che riesce a sorprendere di più, durante le avventure a zonzo per Stilwater. Nonostante sia ancora più personalizzabile che in passato (e, finalmente, non più solo maschio), l’aggiunta maggiore è stata dotarlo di una voce, anzi sei: tre maschili e tre femminili, dalle personalità leggermente diverse, ma con un fattore comune: sono tutte completamente sociopatiche.
Volition ha deciso di abbracciare l’intrinseca follia di un free-roamer, per sua natura un genere prono alla sociopatia, all’omicidio di massa, al caos distruttivo, e lo fa ricontestualizzando l’intero mondo di gioco, visto attraverso gli occhi di un totale psicopatico. Indipendentemente da quale voce si scelga, il protagonista, ora a capo dei Saints, sembra divertirsi un mondo a portare caos e morte per le strade, in modo non dissimile dal giocatore stesso. È per questo che la sceneggiatura, quasi Tarantiniana, e la surreale follia del mondo di gioco riescono ad avere senso, senza risultare mai fuori posto, anzi, contribuendo enormi dosi di personalità ad una serie che ne scarseggiava.
Uno dei pregi maggiori di Saints Row 2 risiede nella caratterizzazione dei suoi personaggi, più sfaccettati e dinamici che in passato. Johnny Gat ritorna dall’episodio precedente, ma i nuovi arrivati, Shaundi, Pierce e l’intero cast di avversari non sono da meno in carisma.
Questi personaggi, dalla personalità molto spiccata, ruotano attorno al protagonista, il più folle ed irrispettoso tra tutti, riuscendo a donare scene divertenti, drammatiche o memorabili grazie alle reciproche interazioni. Il cast di doppiatori è, ancora una volta, eccellente, con performance ricche di caratterizzazione da parte di Eliza Dushku, Neil Patrick Harris, Charles Shaugnessy, Michael Dorn e Daniel Dae Kim.
La svolta più pulp, incisiva e violenta, che Volition ha perseguito in Saints Row 2, gli dona una montagna di personalità, distinguendosi nettamente non solo dal suo predecessore, ma anche dal resto della concorrenza sul mercato, solidificando un mondo surreale, quasi folle.
A questo punto è necessario menzionare un’altra caratteristica ricorrente della serie: Saints Row è estremamente innamorato del proprio canone: si può notare fin dai primi minuti di gioco, passati a colmare le lacune causate dal passaggio del tempo tra i due episodi. Sono svariati i personaggi secondari che ricompaiono dal primo capitolo, occasionalmente per un cameo, ma non solo: una delle missioni segrete è interamente dedicata al colmare la lacuna lasciata dal finale del primo Saints Row e molti altri personaggi ottengono una chiusura definitiva ai loro archi narrativi.
Sembra un aspetto quasi irrilevante: perchè preoccuparsi di simili dettagli, a fronte delle totali assurdità incontrate durante il corso della storia? Colmare i buchi, per quanto piccoli siano, aumenta la sensazione di raffinatezza e cura, contribuisce alla sensazione che Volition non si limiti ad incollare elementi a caso, ma ci tenga alla sua creazione. Il canone di Saints Row è quasi, scusate il gioco di parole, santificato dai suoi creatori, nonchè un elemento molto importante nei capitoli successivi.
Volition non ha costruito solo sullo scheletro della storia, sperimentata nel primo episodio, ma ha continuato ad espandere anche il gameplay. Saints Row 2 riprende le stesse idee del suo predecessore, costruire un mondo sandbox in cui ogni azione porti una forma di progresso, ma le espande enormemente. Uno dei maggiori difetti del capitolo precedente era la lentezza con cui i punti rispetto venivano accumulati, costringendo a lunghe sessioni nelle attività secondarie per poter proseguire con la trama principale. La soluzione del sequel è di collegare un sistema di punteggio ad ogni singola azione eseguibile in-game. Tutto è fonte di punti rispetto, dal guidare sul lato sbagliato della strada al fare surf sulle auto in corsa, dal raccogliere e lanciare via i nemici allo sparargli dritto sotto la cintura. Perfino spogliarsi completamente e spaventare le vecchine per strada permette di segnare punti.
Ogni singola nuova meccanica implementata in Saints Row 2 viene utilizzata appieno, esattamente come il maiale: qui non si butta via nulla. È ora possibile acchiappare altre persone ed usarle come scudi umani, per poi lanciarle via con forza sovrumana, verso splendidi voli lungo l’orizzonte, non solo estremamente utile in combattimento, ma anche alla base di una nuova attività secondaria.
Il sistema di combattimento a mani nude è stato ampliato, con multipli stili sbloccabili, dalla rissa da bar al kung-fu, nuove mosse finali e l’abilità di raccogliere ogni singolo oggetto nello scenario e sventolarlo come arma, meccanica immediatamente riutilizzata per il neonato Fight Club di Stilwater.
Nuove tipologie di veicoli fanno la loro comparsa, motociclette ed elicotteri, ovviamente utilizzati in nuove attività secondarie: Trail Blazing, una corsa a checkpoint a bordo di un quad infuocato, ed Heli Assault, il cui nome è autodescrittivo. Le motociclette sono anche il veicolo preferito dei Ronin e vengono utilizzate, tematicamente, durante la loro campagna.
La comicità distintiva della serie non è, quindi, scomparsa in questo secondo episodio, anzi, viene ampliata e diventa ancor più visceralmente stupida che in precedenza. Alcune delle nuove attività sembrano esistere solo per dimostrarlo. Fuzz, ad esempio, ci vede travestiti da poliziotti in giro per la città a sventare crimini assurdi, con metodi decisamente poco ortodossi. Un mucchio di ragazzacci in skateboard terrorizza il quartiere? Il club degli steroidi si diverte a far volare le auto a pugni? Niente paura: ci pensa la polizia a ripristinare l’ordine, a suon di motosega e lanciafiamme!
Anche le attività secondarie di ritorno dall’episodio precedente non sono sfuggite ad un sonoro re-vamp, rendendole più veloci, varie e divertenti rispetto a prima. Non solo, quindi, la qualità dei contenuti secondari è aumentata esponenzialmente, ma permettono di accumulare punti rispetto molto più rapidamente, oltre che sbloccare abilità uniche ed estremamente utili, come armi esclusive, stamina infinita, più salute, immunità al fuoco e alle esplosioni e molto altro. I contenuti secondari sono estremamente più stimolanti da consumare rispetto al passato ed infinitamente più incentivati. Saints Row tentava di dare importanza ad ogni singola attività nel gioco in ugual misura, ma è il sequel a riuscirci alla perfezione. Nulla è sprecato, nulla è tedioso, nulla è inutile, nulla è scoraggiato.
Saints Row 2 è il tipo di seguito a cui tutti dovrebbero mirare, un seguito che preme duro sull’acceleratore e non si limita a proporre la stessa minestra del suo predecessore, ma la altera, la potenzia e la espande, forgiando un’identità nuova. Mischia, al punto giusto, comicità, violenza, e caratterizzazione dei personaggi, creando il sapore pulp e ben distinto diventato iconico della serie. È un gioco pienamente sicuro di se e non ha paura di esagerare, raggiunge un climax tematico che non sembra lasciare molto spazio ad un possibile seguito. Del resto, un tale concentrato di surreale follia come potrebbe mai impennare ancora di più? Abbiamo appena iniziato a scalare la curva dell’iperbole.
– Continua la prossima settimana