Anche quest’anno Milano pullulava di nerd e gamers a raccolta per uno degli eventi italiani più importanti del panorama ludico: la Milano Games Week, fiera che si svolge il penultimo weekend di ottobre e che si propone di pubblicizzare titoli in uscita, fornire una vasta area per tornei e aggregare la community dei giocatori, ogni anno sempre più varia ed eterogenea. Vorremmo davvero cominciare questo articolo ringraziando Trenitalia e ATM che, nella giornata di venerdì 24 hanno reso il viaggio verso MiCo, zona fiera, un’ avventura irripetibile. Nonostante gli scioperi, l’assenza di connessione 3G e la non intuitiva strada per accedere ai gate, siamo riusciti ad entrare all’evento e proveremo in questo articolo ad analizzare sia gli aspetti fallimentari dell’esposizione sia i pregi di questa edizione che, con lieta sorpresa, non sono pochi.
A differenza dell’anno passato, questa edizione ha raggiunto la strabiliante quota di 100.000 ingressi, circa il 50% in più il che lascia ampio spazio a domande retoriche come “Wow! non saranno mica tutti qui per Call of Duty?” la risposta, ovviamente implicita, era “No. sono tutti qui per gli Youtubers”. Era infatti impossibile non notare la processione al seguito di personaggi come il discussissimo Favij, Dario Moccia, Maurizio Merluzzo, Simone Fancazzista (non è una giudizio a gratis, si chiama davvero così), Farenz e tanti altri.

Escludendo le guest star, una delle cose più interessanti è sicuramente la Milan Games Week Indie, zona organizzata da AESVI4Developers e realizzata con la collaborazione di IndieVault.it con l’obiettivo di promuovere i videogiochi italiani. Ecco i titoli esposti:
- Cave! Cave! Deus Videt di We Are Müesli, già intervistati da noi in occasione del GameOver 2014.
- In Verbis Virtus di Indomitus Games, recensito per noi da Rugerfred tempo fa
- Tonzilla di Krur, già intervistato per noi da Gabriele per noi in occasione del GameOver 2014.
- In Space We Brawl e Lone Wolf di Forge Reply
- Fotonica di Santa Ragione
- Advanced Doom & Destiny di HeartBit Studios
- Sleep Attack di Bad Seed
- Forma.8 e Futuridium di Mixed Bag
- Red:Out di 34BigThings
- Song of Pan di Balzo
- Loading Human di Foofa Studios e Untold Games
- More Here Eye di Lonely Crew
- Super Awesome Brigade di Digital Tales
- OverVolt: Crazy Slot Cars di Interactive Project
- Murasaki Baby di Ovosonico
- Nero di Storm in a Teacup
Affiancata a questa ricca zona indie, vi era l’IGDS, l’Italian Game Developers Summit l’equivalente nostrano della ben più nota GDC. Conferenze sulla produzione, programmazione, game design e comparto grafico durante lo sviluppo di un videogioco erano solo alcuni punti del programma, che comprendeva anche workshop e incontri con alcuni publisher. A braccetto con l’esposizione dei giochi indipendenti italiani un’altra area ben allestita era quella dedicata al retro gaming: grazie alla collaborazione con Games Collection, anche i più giovani gamers hanno avuto l’occasione di provare alcune tra le console che hanno fatto la storia dei videogiochi.

Sui tavoloni messi a disposizione dalla fiera è stato possibile provare cimeli storici come il Vectrex, il Twin Famicom, l’Amiga CD32, il Fm Towns Marty, Nuon, Neo Geo, Creativision, 3DO e Atari Jaguar. Non solo! Non sono mancati i grandi classici come Nintendo Nes, Commodore 64, PlayStation, Atari 2600, Super Nintendo e Megadrive! Questa sorta di museo interno allo spazio espositivo è stato accompagnato da tornei, minicontest e una favolosa esposizione degli artwork legati sia alle cover di alcuni tra i più famosi titoli del passato (Monkey Island a Maniac Mansion!) sia alle copertine di riviste storiche del settore, tra le quali spiccano nomi come Zzap!, Crash! e Amtix.
Per quanto riguarda le normali aree espositive dell’area game sono chiare due cose: l’Italia non ha capito che il gaming italiano si sta evolvendo e che, anche se per adesso si tratta di una minoranza, l’approccio al gioco sta cambiando (IGDS ne è la prova). Quest’anno più affluenza ma meno stand, e per lo meno c’è stato in generale un minore investimento negli stand e negli hands-on da provare. Nota di merito va data a Ubisoft, che ha portato anche coraggiosamente Valiant Hearts: The Great War, titolo indie non comprensibile e accessibile a tutti, vista la sensibilità delle tematiche, ma che ha il suo peso ludico in confronto ai tanti titoli fps sfoggiati anno dopo anno.
Anche Nintendo come sempre si dimostra preparata e organizzata, con un’area adatta sia ai più piccoli che ai più grandi. 2K invece ha portato solo NBA 2K15, lasciando tutti i fan di Borderlands The Pre-Sequel a bocca aciutta. Buona anche la presentazione di Playstation, che ha riservato spazi e conferenze anche per il prossimo Little Big Planet e Murasaki Baby. In generale, parlando proprio della spazialità della fiera, ancora c’è qualche problema nella matematica tra spazio espositivo ed affluenza. La prova dei giochi risulta difficoltosa, le file molto confusionarie e la disposizione di molti stand ancora non è pensata per una visibilità “da marasma generale”. Il rischio è che nei picchi di affluenza il costo del biglietto non “valga la candela” rispetto alla possibilità di interazione ludica che è possibile oggettivamente fare.
Rugerfred è infatti rimasto chiuso nella zona Milan Games Week Indie e IGDS, sostenendo che al di fuori di quelle zone ci fosse il permadeath, la folla generata proceduralmente, i server strapieni, la community chiassosa, il lag e il tutto andava a 15fps.
Non parliamo da “sgamati delle fiere”, dove magari sappiamo che andare il venerdì mattina è il top, mentre la domenica o il sabato pomeriggio diventa rischioso, ma parliamo dell’utente medio, o di chi lavora, studia, ha altri impegni e può concedersi la Games Week solo nelle ore più roventi. Non è giusto nei loro confronti proporre un prezzo oggigiorno “alto” per un intrattenimento che rischia di risultare limitato e frustrante rispetto alle aspettative. La critica non cade sulla scelta delle Software House su cosa mostrare o come investire, ma su una scelta più oculata degli spazi, pensando anche alle imprevedibilità delle persone. Non è un discorso italiano, anche la Gamescom ha avuto le sue difficoltà a gestire la folla accorsa l’anno delle Next Gen. Semplicemente in generale sarebbe ora di ripensare ai clichè del panorama ludico e creare un intrattenimento che valga per tutti, perché questo campo sta cambiando, anche se, come tutte le evoluzioni, è una metamorfosi impercettibile alla vista e che capiremo solo tra qualche anno.
Carina l’idea dei Fuori Games Week, piccoli eventi ludici organizzati nei maggiori punti di incontro milanesi e spesso accessibili a tutti e non solo alla stampa. Milano è una meta di intrattenimento nella quale confluisce tutto: affari, moda, vita notturna, arte e design, anche nelle sue accezioni più underground. Non è azzardato affermare che in un periodo di crisi nera per l’economia italiana è stata sicuramente un’idea vincente quella di coinvolgere tutta la città nell’evento contribuendo a portare un po’ di turisti nelle vie più famose a godersi un po’ di svago.
Ecco alcune delle iniziative che ci hanno colpito di più:
- WeMake al FabLab, nel quale è stato possibile ripensare al concetto di cosplay con l’ausilio delle stampanti 3D
- Vintage Games dove è stato fatta un’esposizione artistica a tema ludico e workshop gratuiti di digital sculpting
- Valiant Hearts all’Università degli Studi di Milano
- Technology of Beauty by Microsoft con performer di pixel art e concept art per una performance per illustrare le potenzialità del nuovo di Surface Pro 3.
- Dietro le quinte di Ubisoft dove la sede meneghina ha fatto assaggiare un “dietro le quinte” dei suoi uffici
- Modders Parade by Nvidia che ha mostrato ad una serata in Via Tortona le modding con le ultime schede Ge Force GXT, in un clima lounge tra musica, dj e aperitivi .
Insomma, tra file interminabili e bolgia infernale l’edizione di quest’anno ha brillato in gran parte grazie alla presenza degli sviluppatori indipendenti e agli eventi del Fuori Games Week, tra cui L‘insert Coin, serata di ritrovo per gli amanti del retro gaming, dove ci siamo divertiti a giocare alcuni famosi titoli sul grande schermo. L’evento si è svolto al Wave, un locale abbastanza famoso nel Milanese, ed è stato curato da Fabio Bortolotti, celato dietro al nome d’arte Kenobit, e Andrea Babich. Le serate in questione si ripetono periodicamente e sono un’ ottima occasione per conoscere tanti appassionati del genere e giochi semi-sconosciuti ai più giovani, quindi vi consigliamo di rimanere aggiornati sulle date dei prossimi eventi!
Parlando di videogames a 360 gradi, non possiamo non dedicare qualche riga al concerto di Bisboch e Kenobit, svoltosi nella serata di sabato presso un locale in Via Corsico 3 dove abbiamo assistito ad un live di musica chiptune che raccoglieva le grandi colonne sonore della storia del cinema in chiave 8bit. Bere una birra a colpi di Gameboy non è mai stato così piacevole!
Infine, se dovessimo tirare le somme di come abbiamo vissuto l’edizione di quest’anno, le belle parole andrebbero per lo più a quegli sviluppatori che anno dopo anno portano il loro progetto in una fiera dove il grande pubblico non cerca intrattenimento innovativo e intellettuale, anzi, rincorre il già visto e il grosso brand. La nostra attenzione va alle piccole community come quella del retro gaming milanese che, nel suo piccolo, cresce sempre di più.
La nostra simpatia per queste cerchie ristrette non nasce solo dalla proposta di un prodotto d’intrattenimento che tenta di costruire una nuova consapevolezza del medium ludico, ma anche dal fatto che comprendiamo che cosa significhi scalpitare per farsi notare in un mondo composto da grandi nomi e da un’informazione approssimativa, in un mercato già saturo nel quale emergere diventa difficile.
Ora che tu, lettore, hai l’indice glicemico alle stelle, dopo tutta questa pappardella filosofica sentimentale, concludiamo l’articolo con un haiku riassuntivo di questi 3 giorni:
Più conferenze,
più sperimentazione,
no alle code.