Pubblicato il 31/01/24 da Antonio Rodofile

Cyberpunk 2077 – Dai diamanti non nasce niente, dalle botte nascono i fior

Cyberpunk 2077 mi ha portato a riflettere su una delle battaglie più antiche: il bene contro il male.

Sto giocando a Cyberpunk 2077 per la prima volta nella mia vita. Night City è un posto spietato, nel quale chiunque vuole fare il doppio gioco ed è pronto a tradirti per i propri interessi. Tuttavia, in un contesto così crudele, CD Projekt RED ci offre una lezione preziosa. La riflessione, infatti, è che anche a Night City, se lo vogliamo, possiamo fare del bene. Nonostante tutti siano pronti a ucciderci o tradirci, c’è ancora posto per la famiglia, l’amore e per le buone azioni. Nello specifico, c’è una missione, tra le varie secondarie, in cui ci troveremo ad affrontare dei match di lotta a mani nude con diversi avversari. È una cosa che abbiamo visto in molti altri titoli, ma spesso e volentieri i nostri avversari sono dei semplici sacchi da massacrare senza pietà.

In Cyberpunk 2077, invece, ogni lottatore ci offre non solo una sfida, ma ci mostra anche un uomo o una donna con una storia ben precisa alle spalle. Uno di questi è Cesar che, nel momento in cui arriviamo sul luogo dell’incontro, sta discutendo con la sua ragazza. Cesar è disperato, pieno di debiti ed è disposto a mettere sul piatto la sua amata macchina pur di racimolare qualche eddie extra. Micaela, infatti, è ormai pronta a dare alla luce il loro bambino, destinato a diventare un altro giovane in difficoltà in una città che ti risucchia senza pietà nel suo vortice di crimine.

Se accettiamo la sua scommessa, Cesar darà il via al match. Uno scontro onesto tra due avversari che si sfidano a mani nude. L’uomo è un tipo tosto, piuttosto difficile da atterrare e dotato di colpi che ci possono stendere in un istante. Tuttavia, le mie quasi 40 ore di gioco hanno temprato il mio V (e lo hanno riempito di Cromo). Ho sconfitto Cesar senza troppe difficoltà, davanti alla sua donna che mi urla di lasciare andare il suo amato ormai sfinito.

Vi chiederete qual è il punto di tutto questo. In fondo, abbiamo fatto a pugni con un tizio qualsiasi in un vicolo buio, no? Inoltre, stiamo per prenderci la sua amata macchina e circa 20.000 eddie, come fa tutto questo ad essere collegato al bene? Ci arriviamo, promesso.

Dicevamo, Cesar se ne sta lì, sdraiato sul cemento umido di pioggia a leccarsi le ferite, mentre noi assaporiamo la vittoria. Micaela va da lui che, nel frattempo, si è trascinato fino alla rete metallica che delimita il ring improvvisato e si è accasciato a riprendere fiato. Andiamo da lui per riscuotere la ricompensa. Cesar è ormai rassegnato e sta per darmi tutto quello che avevamo concordato prima del match. Pur essendo un lottatore clandestino, infatti, l’uomo dà valore alla sua parola e non mi tende alcuna imboscata come è, invece, capitato in altre occasioni. Tuttavia, Cyberpunk 2077 mi mette davanti ad una scelta tutt’altro che banale. Sì, potrei prendermi tutto ciò che mi spetta di diritto, in fondo l’ho vinto onestamente e me lo merito. Però, posso anche scegliere di lasciare a Cesar i soldi e la macchina.

Io sono una persona fondamentalmente buona, ma Night City mi ha insegnato che ogni volta che abbasso la guardia rimango fregato. La tentazione di prendermi tutto è forte, ma decido di lasciare a Cesar i miei eddie. Alla fine, non mi servono più di tanto e va bene così. Lui mi fissa incredulo, nessuno in quella città avrebbe mai fatto una cosa del genere per uno sconosciuto. Lo sottolinea esplicitamente, in evidente imbarazzo. Io mi limito a dirgli di non ringraziarmi, prendo la sua macchina e vado via. Diventerà presto padre e quei soldi faranno molto più comodo a lui che a me.

Ho incontrato Cesar un’altra volta prima della fine di Cyberpunk 2077. Era sereno e sorridente. Il parto di Micaela era fissato per pochi giorni dopo, di mercoledì. Devo molto a lui, perché mi ha ricordato che in un mondo in cui fare del male non solo è facile, ma diventa quasi la norma, un atto di genuina gentilezza può cambiare tutto, anche se solo per una manciata di persone.

Insomma, la morale di questo “pippone” è che i videogiochi ci catapultano spesso in un universo duro, nel quale dobbiamo uccidere per sopravvivere e facciamo scelte che non prenderemmo in condizioni normali. Eppure, in alcuni casi, questi stessi giochi tirano fuori il meglio di noi e ci fanno sentire fieri di aver aiutato uno sconosciuto che non è nemmeno reale, anche se non lo rivedremo mai più e non ci tornerà nulla da questa scelta.

Antonio Rodofile - Biografia

Sono nato col pad in una mano e la penna nell'altra. Trent'anni dopo, scrivo con la tastiera.