Nota: mentre ci accingevamo a pubblicare, abbiamo constatato che ieri sera Pixwerk ha rilasciato l’aggiornamento 19.11, che, pur senza alterarne le principali considerazioni, rende alcuni aspetti della recensione obsoleti. Abbiamo così inserito delle annotazioni per evidenziare le modifiche apportate rispetto alla versione su cui si basa il nostro articolo. Come detto nel paragrafo di chiusura, col passare delle settimane gli sviluppatori stanno continuando a migliorare il loro titolo, seguendo i consigli della community.
Quando alcuni mesi fa, vagabondando nella rete, mi imbattei per la prima volta in Tower 57, rimasi subito colpito dalla sua colorata, dettagliata e movimentata grafica in pixel art: sembrava, di primo impatto, un gioco molto divertente e con un piacevole gusto rétro, e mi venne subito voglia di giocarci. Ma si sa che, purtroppo, non è affatto raro che giochi emersi su Kickstarter per il proprio innegabile charme si rivelino a posteriori dei progetti troppo ambiziosi, incapaci di tener testa alle aspettative che mesi (o anni) di attesa e di piccole o grandi promesse hanno fatto lievitare. Sarà stato questo il caso anche del nostro Tower 57?
Pubblicato dagli 11 bit studios di This War of Mine, Tower 57 è l’esordio di Pixwerk, uno studio composto soltanto da Marco Pappalardo (game designer e programmatore con una dozzina di anni di esperienza professionale alle spalle) e da Thomas Feichtmeir (artista e game designer). Si tratta di uno sparatutto con visuale dall’alto caratterizzato da uno stile d’annata che, proprio come pubblicizzato fin da subito dai suoi creatori, prende ispirazione da classici per Amiga di inizio anni ’90 come The Chaos Engine e Alien Breed.
Lo stile e i temi che permeano l’universo in cui si svolge il racconto ricalcano quelli del sottogenere fantascientifico biopunk, mettendo al centro della vicenda questioni come le biotecnologie, gli innesti biomeccanici, la clonazione e, in definitiva, il concetto transumano di cyborg. Al contempo i Pixwerk, pur non rinunciando a qualche tocco personale, hanno attinto a piene mani all’estetica retrofuturistica di stampo dieselpunk, (ri)portata in auge soprattutto dalla serie di BioShock: camminando per l’area centrale della Torre 57, chiamata Armor’s Den, è impossibile non ripensare ai grattacieli art deco sottomarini di Rapture. Non è un caso, credo, che anche nel titolo di Ken Levine la modificazione dell’organismo umano avesse un ruolo così centrale.
La trama ripende invece alcuni tópoi della fantascienza distopica. Dopo un conflitto armato che ha distrutto ogni cosa, le torri – delle metropoli verticali con un governo di stampo tecnocratico in cui scienziati e politici hanno creato una società fondata su principi scientifici capace di garantire a tutti benessere e prosperità – sono diventate il rifugio dei superstiti e la speranza per un futuro più roseo. Ma, come ci ha insegnato una larga fetta della letteratura del XX secolo, ogni società apparentemente perfetta è destinata a crollare, lacerata dalle ferite infertele dalla malevola natura umana. E così gli abitanti delle torri, inizialmente piccoli paradisi idilliaci e autosufficienti, nel tempo hanno cominciato a riscoprire certe vecchie abitudini: la corruzione, la violenza, la brama di potere. Quell’equilibrio, divenuto negli anni precario, rischia, all’inizio della nostra storia, di precipitare, quando all’interno della Torre 57 divampa una rivolta che, se dovesse estendersi alle altre torri, avrebbe conseguenze disastrose. Ed è qui che entrano in gioco i nostri personaggi, agenti segreti della misteriosa ITG, incaricati di trovare i responsabili della ribellione e di ripristinare l’ordine all’interno della città-fortezza.
Ho parlato di personaggi, al plurale, perché all’inizio della nostra avventura saremo invitati a scegliere, da una lista di sei opzioni, tre personaggi, ciascuno dotato di armi, attacchi speciali e abilità secondarie differenti: il boss, la scienziata, l’ufficiale, il mendicante, il diplomatico e la spia. Un aspetto per me nuovo introdotto da Tower 57 è che gli stessi personaggi rappresentano quello che in altri giochi sono le vite. Quando moriremo, infatti, automaticamente il gioco ci farà passare al personaggio successivo, permettendoci di continuare la partità finché avremo ancora personaggi disponibili. Quando anche l’ultimo dei nostri uomini sarà morto, verrà ricaricato l’ultimo punto di controllo, ripristinando tutte le condizioni in cui questo era stato raggiunto.
Il core del gameplay è quello classico: sostanzialmente, in quasi ogni situazione, tutto ciò che ci sarà richiesto sarà di esplorare le ambientazioni per collezionare chiavi o attivare interruttori, sparando a ogni cosa che si muove – ma anche all’arredamento, per sicurezza – dall’ingresso all’uscita della mappa. A variare questa routine, oltre alle immancabili boss fight, ci saranno alcune brevi sequenze a bordo di un piccolo mezzo corazzato che sembra fare il verso a Metal Slug, un sistema di scassinamento delle serrature che ricorda (di nuovo) quello visto in BioShock e una piccola collezione di semplici minigiochi che ci permetteranno di fare qualche soldo facendo scommesse clandestine con la più sordida gentaglia (quello che ho trovato più simpatico consiste nel martellare un chiodo nel tavolo più velocemente del nostro rivale).
La varietà, come si intuisce, non è certo il piatto forte del titolo, soprattutto se si considera che le feature sono distribuite in modo grossolano, messe a disposizione quasi tutte assieme e in un brevissimo lasso di tempo. Ma, d’altro canto, i migliori esponenti di questa tipologia di shooter non sono amati per la loro ricchezza di contenuti, quanto piuttosto per la frenesia e per la fluidità delle sparatorie. E Tower 57, in questo ambito, non sfigura affatto! Oltre a un sistema di mira efficiente, completamente manuale sulle lunghe distanze, ma con aggancio automatico del bersaglio in vicinanza, il gioco vanta un arsenale piuttosto ricco. Questo infatti spazia da armi da fuoco piuttosto classiche, come banali fucili e pistole, fino ad armi più interessanti quali le motoseghe, gli sparalame, i lanciarazzi, i lanciafiamme, i fucili a buchi neri (!), gli inceneritori, gli arpioni e quant’altro. Ogni arma ha le proprie caratteristiche peculiari, che la differenziano e la rendono più o meno adatta a un determinato stile di gioco, lasciando a noi giocatori il compito di trovare due diverse armi di nostro gradimento da alternare e potenziare. Oltre a queste armi, che richiedono munizioni, saremo dotati anche di un fucile di base (potenziabile, ma comunque poco efficace) e di un attacco corpo a corpo… Presumibilmente un calcio, visto che si tratta dell’unica arma equipaggiabile quando si resta privi di arti superiori.
No, non avete letto male: in Tower 57 esiste un sistema di mutilazioni, dotato peraltro di un peso abbastanza rilevante nel gameplay. Alcuni nemici saranno infatti in grado di farci letteralmente a pezzi, privandoci anche di entrambe le braccia, o mozzandoci le gambe costringendoci a strisciare fino a un distributore. Un distributore di arti, proprio così. Oltre a poter riavere un arto in cambio di una cifra davvero modica, potremo decidere di liberarci delle nostre inutili appendici carnose per sostituirle con qualcosa di più tecnologico, dotandoci di arti meccanici che ci daranno diversi bonus, quali una maggior rapidità nel movimento, una salute aumentata o in grado di rigenerarsi, una maggior potenza di fuoco e un’aumentata capienza per le “ricariche” degli strumenti secondari, i quali a loro volta spaziano da armamenti aggiuntivi fino ad attrezzi quali un guanto utile a scassinare porte bloccate (a patto che si riesca a sopraffare il sistema di difesa nel minigioco citato in precedenza!).
Nell’hub centrale, Armor’s Den, avremo accesso a diversi negozi, dove potremo acquistare molta mercanzia: oggetti da equipaggiare per ottenere nuove abilità (rallentare il tempo, camminare nelle acque contaminate senza subire danni, etc.), armi devastanti e letali, potenziamenti per i nostri gingilli preferiti (maggior frequenza e volume di fuoco, danni aumentati, proiettili perforanti o infuocati, etc.), cibo spazzatura per ripristinare la salute… E pure le sigarette. Nel bar e nei vicoli malfamati potremo trovare qualcuno disposto a giocare d’azzardo, ma anche a comprare oggetti rari da noi recuperati nelle zone più pericolose della torre. In particolare, nascoste nei livelli, troveremo delle sfere dorate, che potremo sfruttare per fare soldi facili al mercato nero(1), oppure portare al negozio di una misteriosa anziana indovina, la quale, pur non avendo nessuna palese capacità divinatoria, sarà comunque in grado di sfruttare i magici artefatti per riportare in vita i nostri personaggi precedentemente deceduti.
Fortunatamente, la vecchina ha anche la strana abitudine di farsi trovare in tutte le zone in cui ci avventureremo, permettendoci così di usufruire del suo servizio nei luoghi più disparati. Anche quando verremo rinchiusi in una prigione, per fare un esempio. Infine anche in Tower 57, come accadeva a Rapture, fuori da Armor’s Den potremo acquistare munizioni, medipack, ogni tipo di potenziamento per armi e anche i succitati arti nuovi dai (troppo?) numerosi distributori sparsi per la mappa: raramente, soprattutto ai livelli di difficoltà meno elevati, rischieremo di trovarci senza colpi in canna, costretti a usare l’arma di base, né ci capiterà di dover percorrere molta strada strisciando sui nostri moncherini insanguinati. Oltre ai distributori, nei vari livelli potremo imbatterci in armadi utilizzabili per cambiare il personaggio attivo(2), ma anche in casse cariche di oggetti utili, spesso nascoste dietro pareti da abbattere o porte da sbloccare con interruttori.
Tower 57 ha una modalità co-op molto pubblicizzata dagli sviluppatori, fruibile sia localmente che online e molto ben funzionante. Sia nella modalità locale che in quella in rete, la telecamera è unica, e quindi si dovrà gestire uno spazio comune (senza dover temere il fuoco amico), cercando di organizzare una strategia di coppia e una giusta combinazione di armi per affrontare le orde di nemici e i (non così) letali boss di fine livello. Ad esempio, nella mia partita in co-op il mio amico utilizzava armi a lungo raggio, mentre io disinfettavo con cura il circondario utilizzando un lanciafiamme e una motosega (per i pezzi più grossi). Interessante è la possibilità per uno dei due giocatori di prendere sulle spalle il proprio compagno azzoppato in seguito a una mutilazione, al fine di portarlo a un distributore di arti prima che il dissanguamento abbia la meglio sul poveretto. Una scelta che ho trovato discutibile è stata invece quella di mantenere separato il denaro raccolto dai giocatori: nella mia partita, visto che io usavo soprattutto armi per il combattimento ravvicinato, trovandomi in prossimità dei nemici uccisi finivo per raccogliere la maggior parte delle monete, lasciando il mio collega senza alcun reale potere di acquisto… Sono una brutta persona?
A livello grafico e artistico Tower 57 non ha disatteso le aspettative: la pixel art è davvero molto bella, con scenari ricchi di particolari e piuttosto “vivi” e animazioni, soprattutto quelle delle armi, numerose e realizzate in modo accurato. La colonna sonora, opera del compositore Rafael Langoni Smith, è pregevole, ricca di echi del passato ma comunque dotata di un suo quid, un tocco personale. Le tracce, tuttavia, non sono numerosissime, e spesso ci toccherà ascoltare per decine di minuti lo stesso pezzo a ripetizione, a danno della costruzione di un’azione dinamica. Anche il brusco cambiamento di colonna sonora nel passaggio da un negozio all’hub mi ha fatto trasalire più volte. Gli effetti audio, d’altro canto, non mi hanno affatto convinto: se il doppiaggio mormorato ha un simpatico sapore rétro, il costante rumore martellante delle armi da fuoco ha superato per me il limite dell’anacronismo, diventando alla lunga talmente fastidioso da spingermi ad abbassare il volume degli effetti sonori per non iniziare a dare testate al monitor. Pure gli scenari, ahimè, non sono numerosissimi: anche se si presentano tutte piuttosto diversificate e dotate di diverse aree nascoste da scoprire, si tratta solo di una decina di mappe di dimensioni relativamente contenute. I comandi, invece, come accennato sopra, sono molto responsivi: muoversi continuamente mirando i nemici e passare da un’arma all’altra diventa in fretta molto semplice… Cosa assai utile, vista la grande quantità di avversari a cui far fronte, ciascuno dotato di un proprio pattern di attacchi e di strategie diverse.
Purtroppo, Tower 57 non è esente da difetti, alcuni dei quali piuttosto difficili da mandar giù. Il primo aspetto critico riguarda la curva di difficoltà, progettata in modo insoddisfacente: se infatti in un primo momento il gioco mi era sembrato piuttosto difficile, in breve tempo mi sono ritrovato traboccante di denaro, pronto a potenziare i miei armamenti e a disfarmi delle mie inutili braccia; paradossalmente, da quel momento in poi il gioco è diventato incredibilmente più facile, al punto che sono riuscito a completare tutta la seconda metà dell’avventura con un solo personaggio, constatando tristemente come la parte finale della vicenda fosse quasi un anticlimax a livello di gameplay (e non solo). Per fortuna, proprio nei giorni in cui testavo il loro gioco, gli sviluppatori hanno rilasciato una patch volta, tra le altre cose, a ridurre la velocità di rigenerazione della salute (ottenuta mediante un innesto), sortendo un visibile effetto sulla difficoltà complessiva(3). Scegliere la modalità difficile potrebbe sembrare una valida soluzione, se non fosse che essa si limita a incrementare la sfida aumentando i danni subiti in battaglia e, soprattutto, trasformando i nemici in bullet sponge: dal momento che già in modalità normale servono molti colpi per sconfiggere un avversario, doversi lanciare in combattimenti ancora più lunghi non è esattamente una prospettiva molto allettante.
Un altro problema piuttosto grave riguarda la longevità. Completare per la prima volta il gioco ha richiesto circa quattro ore, mentre una seconda partita, complice la conoscenza maturata nella prima run, mi ha portato via solo un paio d’ore, e senza fare troppe corse. A questo si aggiunge una rigiocabilità non particolarmente elevata, visto che, in sostanza, l’unico concreto motivo per ricominciare l’avventura potrebbe essere il desiderio di ottenere il finale alternativo. La sensazione complessiva, alla fine del gioco, ripensando anche all’idea che mi ero fatto spulciando il progetto su Kickstarter, è stata quella di aver provato una specie di lunga, interessantissima demo. La demo di un progetto molto più ambizioso, che ancora deve essere portato a termine. Anche la storia ha influito su questa sensazione. Se infatti il gioco parte lentamente, con una prima parte molto diluita, poi improvvisamente il ritmo si impenna a ridosso del finale (che, come detto, non tarda ad arrivare), dove vediamo sfilare numerosi personaggi importantissimi sbucati fuori quasi dal nulla. Oltretutto la narrazione frammentaria, costituita prevalentemente da dialoghi testuali – a scelta multipla! – che spezzano in modo spiacevole l’azione, ha reso la mia esperienza del mondo di gioco e della storia meno coinvolgenti di quanto sperassi: più volte avrei voluto poter saltare i dialoghi e continuare a sparare… E lo dice un fanatico dei giochi più “narrativi”! In vari momenti ho rimpianto la narrazione semplicissima ma misteriosamente suggestiva di Enter the Gungeon, mentre mi sorbivo l’immotivata verbosità di Tower 57.
Anche l’interattività dell’ambientazione, altro aspetto molto reclamizzato prima del lancio, non mi ha particolarmente convinto, limitandosi essa alle solite casse da fare a pezzi, agli immancabili barili esplosivi sparsi qua e là, a qualche rara (e specifica) parete demolibile e davvero poco altro. Siamo ben lontani, insomma, dalla scia di devastazione che potevamo lasciarci alle spalle in Broforce lanciando dinamite come degli ossessi.
Fortunatamente, invece, nelle mie partite ho trovato davvero pochi bug (prevalentemente temporanei “incastri” in alcune aree della mappa), e nessuno che mi abbia costretto a ricaricare la partita.
In definitiva, Tower 57 mi ha lasciato davvero diviso. Da un lato l’esordio di Pixwerk è molto bello da vedere e artisticamente ispirato, oltre che piuttosto movimentato e divertente da giocare, soprattutto con un amico. Dall’altro, come dicevo, sembra la versione incompleta di un progetto più ampio, e risulta al momento allo stesso tempo corto e un po’ ripetitivo, oltre che vessato da una superficialità a volte fastidiosa, probabilmente legata al contrasto che emerge dallo scontro tra le sue dimensioni contenute e la sua voglia di raccontare una storia epica.
Apprezzabile è comunque la passione dei due sviluppatori, che sembrano essere intenzionati a fare tesoro delle critiche ricevute della comunità: basti pensare che, a meno di dieci giorni dal rilascio, una patch ha riequilibrato in modo percepibile il gameplay, e ha anche fornito una versione quasi completamente ridisegnata e ampliata della prima area di gioco. La mia personale speranza è che, nei prossimi mesi, questa manifesta passione permetta loro di rendere progressivamente, passo dopo passo, il loro interessante titolo sempre più simile a quel progetto ambizioso che traspariva fin dall’inizio della sua gestazione. Non ci resta che tenere incrociate le dita, almeno finche non decideremo di cambiarle con qualche tecnologico innesto biomeccanico.
Anche se, nel momento in cui scrivo, non sono disponibili date precise, è prevista nell’imminente futuro anche la pubblicazione di Tower 57 su Xbox One e Playstation 4.
Diventare cyborg
Vendere le gambe
Pixel Art
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(1) Nell’aggiornamento 19.11 le sfere, oltre a poter essere vendute, potranno anche essere acquistate.
(2) Nell’aggiornamento 19.11 gli armadi sono stati trasformati in punti di salvataggio manuali, che vanno ad aggiungersi a quelli automatici; il cambiamento del personaggio attivo, invece, è ora possibile in ogni momento, spendendo un po’ della barra dall’attacco speciale, oppure ai terminali di potenziamento e ai distributori, gratuitamente.
(3) Nell’aggiornamento 19.11, inoltre, l’innesto che permette di ottenere la rigenerazione della salute è stato reso un po’ più costoso.