Pubblicato il 11/06/15 da Neko Polpo

The Witcher 3: Wild Hunt

Un mondo da esplorare, gente da trovare
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Mentre scorrono i titoli di coda, non posso fare a meno di riflettere su quanto CD Projekt RED sia cresciuta e migliorata dal 2007. Uno dei consigli più importanti che ricevetti, entrando nel campo del game design, è di non iniziare mai con un progetto ambizioso, ma da qualcosa di più umile. Questi giovani sviluppatori polacchi devono aver preso a cuore lo stesso consiglio, evolvendosi nel tempo ed inglobando tutto ciò che hanno imparato nel loro ultimo lavoro, al momento il migliore in assoluto.

Dall'ultimo capitolo il mondo di The Witcher è molto cambiato.
Dall’ultimo capitolo il mondo di The Witcher è molto cambiato.

The Witcher 3: Wild Hunt è un action RPG in terza persona, ispirato dai racconti di Andrzej Sapkowski, che ci mette ancora una volta nei puzzolenti panni di Geralt di Rivia, Witcher di professione ed ufficialmente uomo più desiderabile sul pianeta, nonostante le cicatrici sfiguranti. Per chi si è appena avvicinato alla serie, uno Witcher altri non è che un cacciatore di mostri dalle capacità sovrumane, ottenute attraverso duro allenamento e mutazioni genetiche, le quali donano anche i caratteristici occhi dalle pupille verticali. I veterani della serie, invece, si ritroveranno subito a casa con un gioco che raggruppa tutte le migliori caratteristiche dei due episodi precedenti, rielaborate attraverso alcune nuove idee.

Cacciare col nostro vecchio maestro Vesemir funge sia da efficace tutorial che da introduzione allo stato attuale del mondo.
Cacciare col nostro vecchio maestro Vesemir funge sia da efficace tutorial che da introduzione allo stato attuale del mondo.

Il primo cambiamento radicale riguarda la struttura del gioco, questa volta un vero open world. CD Projekt RED sperimentò la cosa nel primo episodio, con scarsi risultati, e la abbandonò del tutto nel secondo ma, forti dell’esperienza acquisita, questa volta hanno prodotto un risultato esemplare. Al contrario del solito terreno generato casualmente ed impepato di dungeon (tipico di un Elder Scrolls), le regioni di The Witcher 3 sono pensate per scopi pratici, piuttosto che per costruire bei panorami fini a se stessi. In parole povere, quasi tutte le zone del gioco hanno uno scopo unico e ben preciso. Girovagare liberamente significa poter incappare in tesori nascosti, eventi secondari e perfino risolvere quest in ordine inverso. Non è raro, infatti, incappare in un boss prima ancora di aver scoperto la sua quest o risolvere altri problemi prima ancora di sapere quali essi siano. Questo è un bene, nel caso non fosse chiaro. Stimola l’esplorazione non come gesto fine a se stesso, ma perché si è ben coscienti di trovare sempre qualcosa. In Skyrim ci sarà pure molto da vedere, ma in The Witcher 3 c’è anche tantissimo da trovare. Era dai tempi di Dragon’s Dogma che non vedevo un mondo così ricco, ben compresso e creato da veri level designer, invece che da generazione casuale.

Geralt fa saltare un nido di Nekker con una bomba.
Sparsi per il mondo ci sono nidi di mostro da far saltare in aria con le bombe, ma sono poco più che un collezionabile. I veri duri non guardano le esplosioni.

La storia, a sua volta, è stata ristrutturata per funzionare correttamente in un open world, scarrozzando Geralt ai quattro angoli della terra e costringendolo ad assorbirne gli eventi. Dai primi due episodi sono cambiate tante cose e la trama di The Witcher 3 fa del suo meglio per contestualizzare gli eventi e l’impatto che hanno sull’intera popolazione. L’impero di Nilfgaard ha invaso le terre del nord e conquistato gran parte del territorio, portando un enorme shock culturale sulla popolazione. A seconda della regione, le quest di Geralt avranno direttamente a che fare con la povertà, l’oppressione del nuovo regime, paranoia, persecuzione dei maghi a causa di una nuova religione emergente e, grande classico della serie, razzismo. Assolutamente ammirevole è lo sforzo fatto per contestualizzare visivamente ogni briciola di lore. Eventi che, in altre produzioni, scaricherebbero un’intera enciclopedia nel codex interno del gioco, da consultare obbligatoriamente per capire di che cavolo si sta parlando, in The Witcher 3 vengono narrati attraverso personaggi, azioni e brevi cutscene. Ogni singolo aspetto, degli eventi che affliggono il mondo, influenza direttamente le decisioni di ogni personaggio, anche dei più insignificanti.

The Witcher 3 osa anche trattare temi estremamente crudi. Ero convinto che Ultima VII fosse destinato a rimanere imbattuto, con la sua famiglia di nudisti, sacrifici satanici ed infanti morti, ma CD Projekt RED riesce a spingersi oltre. Alcune storie, soprattutto nelle prime ore di gioco, sono assolutamente scioccanti ed aiutano a rafforzare il mondo crudo e adulto su cui Geralt cammina.

Un "albero dell'impiccato" in un area non molto ridente.
The Witcher 3 si racconta tanto a immagini quanto a parole. Zone come questa fanno capire subito che aria tira.

Come c’è da aspettarsi da un open world, la quantità di contenuti secondari è sostanziosa, ma non ci troviamo di fronte alla classica checklist di collezionabili e piccoli incarichi, tipica di un sandbox Ubisoft. Le quest secondarie di The Witcher 3 spaziano da dirette diramazioni del tronco principale, con serie conseguenze nella seconda metà del gioco, ad eventi altrettanto complessi e ben scritti.

Gran parte delle quest hanno interi alberi di dialoghi a soluzioni multiple.
Gran parte delle quest hanno interi alberi di dialoghi a soluzioni multiple.

The Witcher 3 merita il premio di ottimo RPG anche solo per la complessità e ramificazione degli eventi, tutti direttamente influenzabili da Geralt durante le sue avventure. Come da tradizione per la serie, le scelte che alterano la storia non sono mai binarie, ovvie o direttamente indicate dal gioco. Non ci sono punti paragon e renegade e le risposte multiple non sempre portano allo stesso risultato, anzi, tocca misurare i propri toni o si rischia di restare bloccati fuori da intere storie. I cambiamenti che si possono apportare sono subdoli, infidi, a volte assolutamente invisibili, fino a quando, quasi 60 ore di gioco dopo, vi verranno rinfacciati.

Alcune sezioni del gioco ci vedono nei panni di Ciri. Non esattamente la classica damigella in pericolo...
Alcune sezioni ci vedono giocare nei panni di Ciri. Non esattamente la classica damigella in pericolo…

L’intero filone narrativo, sia principale che secondario, si ramifica in modi imprevedibili, con quest secondarie che possono letteralmente dettare il futuro del mondo partendo da pretesti insignificanti ed è assolutamente brillante come il risultato delle proprie azioni non diventi ovvio fino alla seconda metà del gioco, quando il castello di scelte e conseguenze che abbiamo costruito ci crolla, inevitabilmente, addosso.

The Witcher 3 è interamente strutturato attorno al personaggio di Geralt che fa, finalmente, ciò che avrebbe sempre dovuto fare: il cacciatore di mostri errante. Come ho già detto, la storia è narrata in modo da spronare l’esplorazione libera, piuttosto che distrarci da essa con una sequenza di eventi lineare. Il gioco incoraggia fortemente a girovagare per i villaggi, fermarsi a parlare con la popolazione ed esaminare le bacheche, in cerca di qualche succosa taglia sulla testa di un mostro. Questi contratti non sono perdite di tempo o passatempi, ma perlopiù storie complesse che culminano nello scontro con qualche orrenda creatura. Sono anche i contenuti secondari più divertenti, poiché la caccia richiede una grande dose di preparazione. I paesanotti che popolano il mondo sono perlopiù poveri ignoranti, pronti a chiamare bestia o drago qualunque creatura abbia denti, scaglie o ali. Tocca quindi interrogare tutti i testimoni per mettere assieme una descrizione accurata del mostro, esaminare le vittime (se ce ne sono) e seguirne le tracce fino al suo rifugio per identificare con esattezza di che creatura si tratti e prepararsi con oli, pozioni ed unguenti adeguati allo scontro. È una diretta evoluzione dei contratti di caccia presenti in entrambi gli episodi precedenti, rimuovendo la tediosità del primo ed incorporando la complessità del secondo.

La piccola e raffinata Oxenfurt è un enorme contrasto con la campagna paludosa poco oltre le sue mura.
La piccola e raffinata Oxenfurt è un enorme contrasto con la campagna paludosa poco oltre le sue mura.

Quanto al pestare attivamente i mostri orrendi, il combat system di The Wicther 3 riprende quasi interamente il sistema del suo predecessore, con numerosi miglioramenti. Il più evidente è l’introduzione di un tasto per la schivata, aggiuntivo al tasto della rotolata, per permettere a Geralt di evitare i colpi senza saltare, ogni volta, da un lato all’altro del campo. Cambiati sono anche i poteri magici: il nostro witcher è, ancora una volta, in grado di usare i segni per lanciare piccoli incantesimi, anche se leggermente differenti dall’ultima volta e tutti dotati di una modalità secondaria. Ad esempio, Igni, precedentemente una palla di fuoco a bersaglio singolo, è ora diventato un’ondata incendiaria a ventaglio, con una modalità secondaria per farne un lanciafiamme.

Il combattimento è veloce e brutale. Geralt non si fa scrupoli nel mutilare o decapitare brutalmente i suoi nemici.
Il combattimento è veloce e brutale. Geralt non si fa scrupoli nel mutilare o decapitare brutalmente i suoi nemici.

In generale il sistema è infinitamente più fluido, reattivo e bilanciato rispetto al secondo episodio, sebbene non esente da difetti. Le collisioni, ancora una volta, fanno alzare più di un sopracciglio e l’AI dei nemici ondeggia tra completa deficienza ed assalto senza freni: non capita di rado di venire assaltati da più lati e morire in pochi secondi, esattamente come in The Witcher 2. Nonostante ciò, una volta fuori dalla prima regione (e con del buon equipaggiamento), questi problemi vanno ad affievolirsi gradualmente, fino a diventare forse un po’ troppo facile, soprattutto verso la fine. Il sistema di crafting, semplice ma robusto, permette di forgiare armi ed armature in base agli schemi sparsi per il mondo, comprati dai fabbri o trovati nelle casse del tesoro, ma viene rotto dalla presenza dei set speciali da Witcher, nettamente più potenti di tutti gli altri equipaggiamenti di livello equivalente. Trovare i progetti per creare armi ed armature da Witcher non è facile poiché sono molto ben nascosti ma resta il fatto che, una volta ottenuti, non ci sono molti motivi per craftare altro. Più duraturo è invece il sistema di alchimia, molto simile ma indirizzato alla creazione di pozioni, oli ed unguenti dallo scopo preciso, come il semplice ripristinare salute, respingere gli attacchi dei vampiri o vedere al buio come se fosse giorno. Tutte le pozioni sono potenziabili più volte e restano utili fino alla seconda metà del gioco.

L'arcipelago di Skellige è la regione migliore del gioco. Belle storie e panorami mozzafiato sono proprio quello che ci vuole, dopo Novigrad.
L’arcipelago di Skellige è la regione migliore del gioco. Belle storie e panorami mozzafiato sono proprio quello che ci vuole, dopo Novigrad.

Già, la seconda metà del gioco. Metterò le carte in tavola: The Witcher 3: Wild Hunt è un RPG ottimo, ma gli eventi del secondo atto hanno finito per ridimensionare, in parte, il mio giudizio. Soffre della stessa identica sindrome del primissimo episodio, in cui lo stacco tra le due metà di trama era così netto da essere visibile. The Witcher iniziava con una struttura simil-open world, sebbene parecchio limitata, raccontando una storia frazionata tra numerosi personaggi, fino a convergere, nella seconda metà, in una trama perfettamente lineare, dettata dalle scelte fatte in precedenza. Laddove The Witcher si innalzava a capolavoro, raggiunta la seconda metà, il suo erede delude, trascinandosi troppo per le lunghe. Il climax narrativo viene raggiunto all’esatta metà ma, invece di concludersi, decide di dilungarsi per 10-12 ore di troppo, sparando plot-twist con una mitragliatrice, al punto da diventare surreali, quasi fossero una scusa per spremere qualche ora in più di gioco a tutti i costi. È come se gli sceneggiatori si fossero ricordati, all’improvviso, che il titolo del gioco fosse Wild Hunt, ma solo a lavoro ormai quasi finito. Il colpo di grazia è che alcuni dei colpi di scena, lanciati sul palco in tutta fretta, finiscono per sminuire l’impatto di numerosi personaggi, svalutando parte della storia.

Il ritmo narrativo, in generale, sembra essere un problema per The Witcher 3. Dopo un inizio straordinario, tende a rallentare parecchio arrivati alla città di Novigrad, per riprendere il passo solo nella regione successiva. Come detto in precedenza, la maggior parte del mondo di gioco ha uno scopo ben preciso e le quest sono, perlopiù, lunghe ed interessanti, ma sono molto evidenti i punti in cui la creatività ha iniziato a mancare ed è toccato riempire spazio, pur di non lasciarlo inutilizzato. Nel caso specifico di Novigrad, questa sezione non dura molto, ma la sua combinazione di storie poco interessanti e quest-line che costringe alla città ed ai suoi dintorni, finisce per costituire l’equivalente del tirare un freno a mano sulla trama.

Novigrad è una città grande, sporca e caotica, nonchè l'hub centrale per una lunga e tediosa catena di quest.
Novigrad è una città grande, sporca e caotica, nonché l’hub centrale per una lunga e tediosa catena di quest.

Non voglio chiudere su una nota negativa, però. Passando agli aspetti tecnici della versione PC, The Witcher 3: Wild Hunt è assolutamente mozzafiato. Nonostante le velenose polemiche pre-release, il risultato finale è eccellente. CD Projekt RED ha finalmente risolto il problema delle facce stoiche degli episodi precedenti: Geralt ed i suoi amici non sono mai stati così espressivi. Ogni dialogo è ricco di micro-animazioni facciali per occhi, labbra e sopracciglia che, nonostante le animazioni del corpo un po’ ripetitive, aiutano ad immergersi nelle conversazioni molto più che negli episodi precedenti. Un altro plauso va al sistema di illuminazione dinamico che, sebbene produca notti un po’ troppo chiare, complementa splendidamente i coloratissimi ambienti del gioco.

In mia esperienza è anche un gioco relativamente privo di bug. Occasionalmente la mia vecchia nemesi, il signor pop-in, ha arrotolato i baffi, ma non ho avuto alcun problema di prestazioni, crash o altri bug assassini. Una sola volta, per qualche bizzarro motivo, appena uscito da una cutscene la barra della fatica ha smesso di riempirsi, ma caricare un salvataggio di due minuti prima ha risolto il problema.

Le corse sparse per la mappa sono un ottimo modo per ottenere upgrade per l'inventario - se riuscite a tenere a bada il cavallo, s'intende.
Le corse sparse per la mappa sono un ottimo modo per ottenere upgrade per l’inventario. Se riuscite a tenere a bada il cavallo, s’intende.

Gli unici altri difetti tecnici sostanziali sono un’interfaccia legnosa e fin troppo grande, soprattutto nella gestione dell’inventario, inutilmente macchinosa ed una fisica a cavallo che fa rimpiangere i carri armati a quattro zampe di Red Dead Redemption, ma a questo punto stiamo pungolando i problemi più minuscoli. Non ci sono glitch che rompano o impediscano di completare il gioco fino alla fine, perlomeno non durante le mie 80 ore di playthrough, da cima a fondo.

Dopo alcuni anni di carenza, 2014 e 2015 ci hanno regalato alcuni ottimi RPG, prima Divinity: Original Sin, poi Pillars of Eternity, e The Witcher 3: Wild Hunt non è da meno. Potrebbe benissimo imporre nuovi standard nel campo degli RPG open world, per qualità dei contenuti, qualcosa che la cavalcata di noia di Dragon Age: Inquisition non è riuscita a fare. Nonostante il ritmo narrativo ballerino ed una fine della storia che si fa aspettare per qualche ora di troppo, The Witcher 3: Wild Hunt si becca un doppio pollice in su, da parte mia. È un gioco di ruolo straordinario e chiude una trilogia che consiglierei caldamente a tutti.

witcher 3 premi

NekoPolpo - Biografia

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