Pubblicato il 26/06/15 da Neko Polpo

Lemma: che forma hanno i sogni?

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Nonostante avessi previsto di scrivere questa recensione più di un mese fa, il ritardo fino al periodo post-E3 si è rivelato un vantaggio. Se avete seguito la pacchiana gara di misurazione del membro, tenutasi a Los Angeles, sarete al corrente dell’annuncio di Mirror’s Edge Catalyst che, con grande tempismo, mi permette di levarmi qualche sassolino dalla scarpa, messo lì dal suo predecessore.

Ma innanzitutto, cos’è un lemma? In linguistica, è il momento in cui, nella mente, viene selezionato un concetto da esprimere, prima di essere associato ad una parola ed assumere forma concreta, plasmata da sintassi e semantica. Lemma è anche un platform in prima persona, sviluppato interamente da una sola persona, Evan Todd e disponibile solo su PC.

Se vi state chiedendo come le due cose siano correlate, la risposta è molto semplice: la trama ci mette nei panni di Joan, giovane appassionata di parkour, risucchiata nel mondo denominato Lemma, un limbo in cui i concetti si possono plasmare in materia solida. Una sorta di sogno, malleabile come pongo, puramente attraverso pensiero e movimento. In termini di gioco, questo si traduce in un platform attraverso scenari surreali, spesso astratti, in cui l’unico limite fisico è la cara, vecchia gravità.

Il design estetico tende ad essere non-sense, ma è spesso molto affascinante
Il design estetico tende ad essere non-sense, ma è spesso molto affascinante.

Parlando di parkour per livelli composti di grossi cubi, fluttuanti in un vuoto infinito, posso immaginare qualche sopracciglio alzato dai lettori che si chiedono se sto descrivendo la modalità time trial di Mirror’s Edge, quindi passiamo a ciò che distingue Lemma da altri platform in prima persona. Essendo Lemma un luogo in cui la materia è plasmabile attraverso il pensiero, è possibile creare e distruggere le piattaforme a volontà, puramente attraverso il proprio movimento. Ad esempio, correre in orizzontale su un muro, oltre la fine della superfice, porterà un nuovo muro ad apparire spontaneamente sotto le nostre mani. Lo stesso vale per una rotolata oltre il bordo di un precipizio, dove una nuova piattaforma di voxel ci apparirà sotto i piedi. È anche possibile distruggere a piacimento le superfici create, con dei calcioni volanti che non smettono mai di essere soddisfacenti.

Bam! Un calcione piazzato ed il muro crolla come fosse polistirolo. Bruce Lee piange di gioia.
Bam! Un calcione piazzato ed il muro crolla come fosse polistirolo. Bruce Lee piange di gioia.

Ma dov’è la sfida se posso creare, a piacimento, pareti su cui correre? Il vero tocco di classe di Lemma risiede esattamente in questo, eccellente level design. I livelli mettono a disposizione uno scheletro di paesaggio, ma lasciano al giocatore la libertà di plasmare il proprio modo di attraversarlo. Ci sono delle limitazioni, però: Joan non può correre all’infinito su una parete, sebbene le si assembli letteralmente sotto le dita, la gravità la risucchierà inesorabilmente nell’oblio. Idem se si tenta di crearsi una passerella infinita a suon di capriole, poichè estendibili solo per una distanza predefinita. Tocca essere creativi e rimbalzare attraverso lo scenario, forgiando (letteralmente!) la propria strada di passo in passo. Se c’è un’aspetto che mi piace a dismisura di Lemma è proprio questo, il puro stimolo creativo di sfruttare l’ambiente a proprio vantaggio, calcolando i salti, creando piattaforme e tracciando strade che neanche il buon Evan Todd poteva immaginare. Ho completato alcuni livelli creando strutture assolutamente folli, abusando e rompendo le meccaniche del gioco, scoprendo di non aver rotto un bel niente, poichè era esattamente ciò che Lemma si aspettava da me: che plasmassi la materia del livello a mio piacimento.

Forgiare un percorso attraverso questa foresta di blocchi è pura creatività senza freni.
Forgiare un percorso attraverso questa foresta di blocchi è pura creatività senza freni.

Un lato positivo di Lemma è la perfezione dei suoi controlli. Ripensando a Mirror’s Edge, mi ritorna una certa stizza verso i salti mancati, o per incapacità di Faith di allungare le manacce di mezzo millimetro ed aggrapparsi ad un bordo, scegliendo piuttosto di strisciare miseramente lungo il lato di un palazzo verso l’oblio, o per l’impossibilità di guardare contemporaneamente i propri piedi e la strada davanti, col risultato di un’agilissima ragazza, professionista del parkour, che scivola e cade da un cornicione come se fosse coperto di bucce di banana. La brava Joan, invece, può aggrapparsi dinamicamente a qualunque sporgenza con la sola pressione di un tasto. Forse è anche un po’ troppo brava a farlo, in quanto bastano anche pochi centimetri di geometria per aggrapparcisi e tirarsi su, permettendo di trovare percorsi decisamente poco ortodossi. C’è anche un grande grado di tolleranza sull’aggrapparsi, nonchè sui salti. Per ovviare al problema del non poter guardare costantemente i propri piedi, il buon Evan Todd ha deciso che le leggi della fisica vanno corrette leggermente, permettendo alla nostra protagonista di spiccare un balzo anche quando ormai oltre un bordo, oltre che di aggrapparsi a sporgenze leggermente più distanti della propria faccia, come se Joan allungasse le braccine pur di non schiantarsi quattordici piani più in basso.

Correre su un muro, mentre mi si forma sotto le mani, Lemma esaudisce un desiderio che non sapevo neanche di aver espresso.
Correre su un muro, mentre mi si forma sotto le mani, Lemma esaudisce un desiderio che non sapevo neanche di aver espresso.

In generale la fisica di movimento è estremamente curata e soddisfacente. La nostra protagonista è agilissima e velocissima, ma mantiene sempre alla perfezione inerzia ed attrito, rendendo il movimento pesante abbastanza da essere credibile, ma agile a sufficienza da essere sempre perfettamente sotto controllo. Il senso di presenza e peso è straordinario, correre lungo un muro che si forma sotto le nostre dita, per poi spiccare un balzo, sfondarne un’altro con un calcio rotante ed atterrare in capriola, senza perdere velocità, non smette mai di essere entusiasmante.

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L’obiettivo di questo livello è riattivare tutte le luci per aprire l’uscita, con risultati estetici davvero intriganti.

Creare superfici a piacimento non è l’unica delle meccaniche presenti nel gioco, però. Alla componente platform, si aggiunge anche una serie di complessi puzzle, che spaziano dall’esplorativo alla risoluzione di circuiti. Avete capito bene, circuiti. L’etereo materiale che Joan crea sotto le sue dita è in grado di trasmettere una forma di energia non ben definita, per aprire porte, estendere ponti e risolvere altri tipi di enigmi. Le varie applicazioni del potere della protagonista vengono introdotte molto gradualmente durante il gioco, ad iniziare da piccoli circuiti rotti, in cui basta creare un po’ di materiale per ripararli e permettere all’energia di fluire, fino a strutture molto più complesse, in cui trasferire l’energia da generatore in generatore attraverso serie di complessi salti ed acrobazie.

Quella colonna luminosa è un generatore e, se aguzzate la vista, noterete il circuito che parte dalla sua base e corre su per il muro. Peccato che parte del terreno si stia dissolvendo, come fare? Mmhh...
Quella colonna luminosa è un generatore e, se aguzzate la vista, noterete il circuito che parte dalla sua base e corre su per il muro. Peccato che parte del terreno si stia dissolvendo, come fare? Mmhh…

Insomma, si respira decisamente aria di Portal, oltre che di Mirror’s Edge, ma al contrario del piccolo capolavoro Valve, la trama di Lemma non è umoristica, raccontandoci di come Mark, scienziato di professione, sia riuscito a stabilizzare un portale per accedere a questa dimensione onirica e Joan, la nostra eroina, lo abbia seguito contro la sua volontà, restando bloccata nel bizzarro mondo etereo. Scopriremo presto che anche Mark ed altri scienziati sono rimasti intrappolati in Lemma, costringendo Joan a trovare una via di fuga. La storia è narrata perlopiù attraverso messaggi testuali via cellulare. Ebbene si, per qualche motivo il cellulare di Joan è ancora funzionante ed in grado di contattare direttamente Mark in punti specifici delle mappe, i quali ne amplificano il segnale. Sebbene non sia esattamente una storia epica di guerra, amore ed avventura, la trama di Lemma riesce ad essere interessante tramite alcuni piccoli tocchi, quali i dialoghi dinamici tra i due protagonisti, che non sfruttano la classica formula ad albero, ma riescono ad adattarsi a seconda delle risposte scelte di volta in volta, ed i quattro finali, dipendenti da una serie di scelte morali nell’ultimo atto.

Il cellulare di Joan è il mezzo principale in cui viene narrata la storia di Lemma. I documenti collezionabili sono l'altro metodo.
Il cellulare di Joan è il mezzo principale in cui viene narrata la storia di Lemma. I documenti collezionabili sono l’altro metodo.

Siamo arrivati finalmente al paragrafo in cui vibro la pugnalata, elencando i difetti del gioco, prima di dare un giudizio finale. Non tutto funziona alla perfezione in Lemma, soprattutto verso la fine. La progressione passa da una serie di livelli lineari ad un’intero albero di hub da esplorare per trovare tre diverse chiavi da inserire in tre diverse porte. Sebbene il gioco sia stato, col tempo, leggermente alterato per permettere di intuire meglio il percorso corretto, può lasciare comunque disorientati e confusi dall’improvviso cambio di stile. Inoltre, una nuova meccanica introdotta verso la fine del gioco permette di creare piattaforme materializzandone le silhouette a mezz’aria e toccandole, ma è tristemente piuttosto imprecisa e davvero poco affidabile. Fortunatamente non è obbligatoria per completare i livelli e si può relegare a rete di sicurezza per evitare grosse cadute, ma mi ha lasciato comunque confuso e leggermente frustrato. Infine è davvero sconsigliabile giocarci per lunghe sessioni di tempo. I paesaggi onirici ed il platforming ad alta velocità finiscono per essere veramente pesanti sulla mente. Lemma mi ha costretto più volte a brevi pause ogni mezz’ora-tre quarti d’ora di gioco, sebbene io non soffra assolutamente di motion sickness, ma questo è più un consiglio che un reale difetto.

Alcuni livelli danno davvero le vertigini.
Alcuni livelli danno davvero le vertigini.

In conclusione, Lemma mi è piaciuto tantissimo e gradirei avesse più notorietà di quanta ne ha al momento, ovvero ben poca, uscito in sordina appena una settimana prima di The Witcher 3: Wild Hunt. Un playthrough completo della trama può portare via sulle cinque ore, ma è ampiamente rigiocabile grazie ai dialoghi dinamici, i finali multipli, una sfilza di collezionabili sparsi per i vari livelli e, soprattutto, una modalità time trial con leaderboard internazionali e tanto di editor di livelli, per garantire materiale infinito con cui sbizzarrirsi. Supporta perfino nativamente l’Oculus Rift e costa appena 15€, cosa pretendete di più?

Dopo le delusioni di Mirror’s Edge ed InMomentum, Lemma mi ha ridato fiducia nei platform in prima persona, dimostrandomi che, con i dovuti accorgimenti e tanta creatività, possono essere davvero ottimi.

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NekoPolpo - Biografia

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