Pubblicato il 25/06/18 da Riccardo Trillocco

Dark Souls Remastered

La morte colpisce a sessanta frame per secondo
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Non ho mai apprezzato le remastered. Capisco l’esigenza di svecchiare tecnicamente titoli le cui dinamiche di gameplay invece sono rimaste al passo con i tempi, o la voglia di alcuni produttori hardware di mettere a disposizione i classici della generazione precedente agli utenti appena sbarcati sulla loro piattaforma, eppure credo che Dark Souls sia il secondo titolo rimasterizzato che mi trovo a giocare. Potrei sbagliarmi, vado a memoria, ma credo che prima del capolavoro di Miyazaki l’unica altra remastered che ho giocato sia stata quella di Gravity Rush. Neanche il sensibile rimescolamento di nemici e oggetti effettuato in Dark Souls II: Scholar of the First Sin fu sufficiente a spingermi all’acquisto.

Non che voglia impersonare il talebano di turno e lanciare strali verso chi le compra, sono ben consapevole che hanno un loro target; io semplicemente preferisco, quando possibile, giocare i vecchi titoli alla risoluzione originale e con tutti i loro difetti. Discorso diverso per i remake, ma ne parleremo un’altra volta. Inoltre, se proprio From Sofware voleva rendere giustizia alla serie Souls grazie alla potenza computazionale degli hardware odierni, avrei preferito fosse partita dal suo capostipite, quel Demon’s Souls che, a causa di un’errata valutazione (mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa!), rivendetti senza neanche averne scalfito la superficie. Probabilmente la scelta è ricaduta sul suo successore per la natura multipiattaforma e per la maggiore semplicità burocratica, visto che la pubblicazione di Demon’s Souls fu condivisa da Sony e Atlus, mentre quella di Dark Souls fu appannaggio esclusivo di Bandai Namco.

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Accendere un falò non è mai stato così soddisfacente.

Visto che mi trovo a recensire la remastered, credo sia inutile parlarvi per filo e per segno delle caratteristiche di Dark Souls. Per chi non lo conoscesse (vestra culpa, vestra culpa, vestra maxima culpa!), si tratta di un action RPG pubblicato nel 2011 su PS3 e Xbox 360 e nel 2012 su PC, con la Prepare to Die Edition, approdata successivamente anche su console. Unanimemente considerato un capolavoro, è entrato nella storia per il level design, per la profondità del sistema di combattimento, per il suo lore immenso, criptico e oscuro, per i boss, tra i migliori mai creati, per il livello di difficoltà punitivo ma ben bilanciato e per decine di altri motivi. Un titolo così influente da generare una mole tale di epigoni senza precedenti nell’era moderna, probabilmente eguagliata in passato solo da pietre miliari quali Street Fighter 2 e Doom.

Vi dicevo di non amare le remastered perché preferisco giocare i titoli nella loro forma originale; ecco, da questo punto di vista il lavoro svolto dal team polacco QLOC, che si è occupato di questa riedizione (oltre che di quella di Dragon’s Dogma), non poteva essere migliore. Ma andiamo con ordine.
Sotto il profilo tecnico il traguardo più importante raggiunto dagli sviluppatori è rappresentato sicuramente dall’aumento del frame rate. I 60 FPS non vengono meno in nessuna situazione, né durante gli scontri con i boss (nessun calo mentre il Demone Toro vi fa a pezzi) né nei punti più critici del gioco originale (Città Infame, sto parlando di te). Oserei dire che per gli aficionados della vecchia versione i 60 FPS rappresentano da soli una ragione più che valida per tornare a Lordran.

Discorso diverso quello che riguarda risoluzione e texture: ho effettuato la mia prova su una PS4 Pro collegata a un televisore 4K HDR, dove il gioco gira alla risoluzione nativa di 1800 p, poi upscalati a 2160 p; purtoppo è così anche su Xbox One X, nonostante il sensibile divario in termini di potenza, mentre per godere dei 4K nativi l’unica soluzione è l’acquisto della versione PC. Dell’HDR nemmeno l’ombra, in nessuna delle tre versioni.

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Incolpare il frame rate un po’ mi manca.

Risoluzione a parte, la prima cosa che salta all’occhio una volta avviato il gioco è il rinnovato sistema d’illuminazione. La rifrazione delle fonti di luce su scudi e armature è veramente ben realizzata e anche le ombre dinamiche risultano finalmente al passo con i tempi. Un altro grande miglioramento rispetto al gioco originale lo si vede nell’effettistica, in particolare nelle porte di nebbia, nel fuoco e nelle sfere delle anime, con un impatto che si avvicina sensibilmente a quello di Dark Souls III, senza tuttavia eguagliarlo.

Purtroppo non è tutto oro quel che luccica: due aspetti in particolare di questo maquillage mi hanno lasciato perplesso: l’HUD e l’eccessivo motion blur. L’HUD è rimasto precisamente quello originale, pari pari. Capirete che in un contesto fatto di risoluzione più che raddoppiata, d’illuminazione dinamica e di texture rinnovate un HUD renderizzato a 720 p non faccia proprio una bella figura. Il motion blur invece mi ha lasciato proprio basito. Non vedo come in una visione d’insieme possano coesistere un miglioramento del comparto tecnico unito a un così pesante utilizzo dell’effetto di sfocatura dovuto al movimento.
In un titolo poi dove la corretta visualizzazione di ogni elemento a schermo può fare la differenza tra il vivere o il morire la trovo una scelta davvero inspiegabile. L’unica ragione plausibile può essere rappresentata dall’aver voluto “coprire” gli effetti dell’upscaling, ma avrei preferito di gran lunga passare sopra a qualche imperfezione in tal senso che dovermi sorbire un’immagine a tratti così sfocata, o perlomeno mi sarei aspettato un’opzione in tal senso.

Ho affermato che, per quanto riguarda il gameplay, il lavoro svolto da QLOC non poteva essere migliore. Ecco, era una mezza verita, perché la software house polacca si è guardata bene dall’apportare qualsivoglia modifica alle meccaniche originali. La risposta ai comandi è rimasta immutata: chiunque abbia giocato la versione del 2011 non deve temere, il feeling pad alla mano è esattamente lo stesso. Probabilmente chi ha spolpato recentemente Dark Souls II: Scholar of the First Sin e Dark Souls III rimarrà spiazzato dal limite dei due anelli, dal non poter effettuare un respec e dall’impossibilità di teletrasportarsi tra i falò, perlomeno fino all’ottenimento del Ricettacolo dei Lord. Io, da purista del gioco originale, sono stato ben felice di constatare che tutto è rimasto esattamente com’era, asperità dell’epoca incluse.

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Da apprezzare i riflessi sulle armature, veramente ben realizzati.

Ben diverso è il discorso sul comparto online, al quale è stata apportata più di una modifica. Innanzitutto i server dedicati: se le invasioni nel Dark Souls originale spesso erano un incubo a causa del lag, dovuto al sistema peer to peer, finalmente l’esperienza ora è fluida e senza scatti. Inoltre è stato introdotto il sistema di password, che consente di privilegiare l’evocazione degli amici esattamente come nel terzo episodio, una novità che rende meno farraginoso affrontare alcuni passaggi in co-op senza doversi affidare a degli sconosciuti. In aggiunta ora i giocatori presenti contemporaneamente in un’invasione possono arrivare fino a sei, con tre alleati e due ostili. Anche la modalità Arena, che si sblocca dopo aver battuto il boss finale del DLC Artorias of the Abyss (ovviamente incluso in questa remastered), ha beneficiato di questo aumento, con gli scontri che ora possono essere tre contro tre o deathmatch a sei giocatori. Direi che gli assidui frequentatori del comparto online hanno di che gioire.

Tirando le somme trovo che questa remastered rappresenti il modo migliore per usufruire di uno dei videogiochi più belli e influenti mai creati, dal level design francamente ineguagliabile. Sono convinto che si sarebbe potuto fare di più, non tanto nello snellimento delle meccaniche, come ho ribadito più volte apprezzo che non siano state cambiate eccessivamente, quanto nel restyling grafico. Non tutte le texture hanno tratto giovamento dall’aumento di risoluzione, creando uno stacco non molto piacevole da vedere rispetto a quelle che ne hanno goduto. Credo che anche i 4K nativi non fossero poi questa chimera, specialmente su Xbox One X.

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Quanto sei bella Anor Londo quand’è sera.

In definitiva mi sento di consigliare Dark Souls Remastered innanzitutto ai giocatori che, per un motivo o per l’altro, non hanno mai usufruito di quest’opera monumentale. Anche chi ha giocato all’epoca le versioni PS3 e Xbox 360 farebbe bene a rifare un giro sulla giostra di morti e imprecazioni messa in piedi da Miyazaki e compari.
Discorso diverso per i possessori della versione PC i quali, grazie all’abbondante presenza di mod (una su tutte la celebre DSFix), già potevano beneficiare dell’aumento di risoluzione e di miglioramenti vari. Per loro l’unico vero incentivo all’acquisto di questa versione è rappresentato dal rinnovato comparto online, dando per scontato che il grosso dell’utenza che ha popolato Lordran in questi anni decida di trasferirsi sui server dedicati di questa remastered.
Da non dimenticare l’attesa per l’arrivo della versione Nintendo Switch, purtroppo ancora senza data di uscita. Torneremo sicuramente a parlarne, il primo Souls interamente giocabile in modalità portatile merita una copertura adeguata.

  • È ancora il buon vecchio Dark Souls
  • La Città Infame non lo è più così tanto
  • La migliore versione di una pietra miliare...
  • Prezzo onesto

 

  • HUD impresentabile
  • HDR dove sei?
  • ...ma si poteva fare di più
  • Motion bleah

60 fps

Mai più lag

Password per amici

Illuminazione dinamica

Texture rinnovate parzialmente

trillo81 - Biografia

È passato da Basketball per Atari 2600 al 4K HDR in soli 38 anni. Crede che il gioco più bello sia sempre quello che deve ancora iniziare ed è fermamente convinto che, come tutte le tendenze transitorie del web, le biografie in terza persona siano destinate a sparire. Aiutatelo ad azzeccare questa profezia iniziando col non leggere la sua.

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