Pubblicato il 24/09/14 da Neko Polpo

Le Casse del Morto #04: dodici piccoli indieani

La quarta puntata della playlist musicale di Pixel Flood vede come protagonisti i giochi indipendenti: una selezione di brani provenienti da titoli più o meno (s)conosciuti, senza alcuna distinzione di genere, a testimoniare l’enorme varietà di esperienze videoludiche in area indipendente. Enorme varietà che si ripercuote anche in un repertorio musicale altrettanto variegato, frastagliato ed estremamente attivo, vivo, pulsante. In un un mare in tempesta, raduniamo dodici brani su un’isola di incertezza, dodici pezzi anche molto diversi tra loro, accomunati dal fatto di esistere sulla stessa identica isola, rifugio improvvisato e necessario in stato d’emergenza (culturale?).

Il primo brano in lista viene da un titolo già particolarmente votato alla sperimentazione musicale, ovvero Gunman Clive, un ibrido sonoro da “Far West” con leggeri echi “morriconiani”, ma capace di spaziare, fino ad arrivare allo spazio vero e proprio. Di seguito proponiamo Space-Cowboy, esempio perfetto di quanto detto.

Rimaniamo in tema di esplorazioni spaziali e passiamo a VVVVVV di Terry Cavanagh, capolavoro platform dalla difficoltà elevatissima. La strepitosa colonna sonora di SoulEye si lega a doppio filo con le meccaniche di gioco: il ritmo dei mille tentativi e del tempismo richiesti dal gioco trova il proprio corrispettivo nella colonna sonora stratificata ed esplosiva, una pentola a pressione da cui non c’è via di scampo. Pressure Cooker.

AVGM è invece uno dei titoli più interessanti di Edmund McMillen, un’opera che si costruisce interamente sulla ripetizione, costringendo il giocatore a reiterare ossessivamente la stessa azione, anche per ore (in un modo che sembra aver ispirato persino The Stanley Parable, anche se apparentemente non vi è alcun riferimento diretto). La musica di Danny Baranowsky si adatta alla situazione, creando un insieme di voci “a cappella” straordinario, capace di dettare il ritmo e il tono dell’esperienza tutta.

Passiamo ora a Rescue Girl di Jake Kaufman, in arte Virt. Un brano “disco” composto per Mighty Switch Force! 2 di WayForward. Il culmine è raggiunto in un passaggio in cui il brano viene spogliato di alcuni elementi, per lasciare spazio alla parte vocale e alla sezione ritmica.

Rimaniamo in tema di “switch” tra i diversi piani dello scenario, e arriviamo così a Mutant Mudds che, per quanto riguarda la colonna sonora, potrebbe essere avvicinato al VVVVVV di cui sopra. Segue un brano tratto dal quarto livello.

The Desolate Hope: un altro titolo che mescola differenti meccaniche ludiche, e che musicalmente predilige però, almeno in questo brano, atmosfere e suoni rarefatti, distanti e caratterizzati da accenni orientali, suoni che scivolano in una sottile inquietudine verso il finale. Un pezzo, questo Alphon Domes, che ricorda vagamente Meditating Monks del primissimo Rayman.

Love+ è un titolo indipendente che merita di essere recuperato: semplicissimo nell’idea di fondo (di fatto si possono controllare solo il movimento e il salto) e difficilissimo in pratica, graziato da un aspetto visivo fantastico e da una colonna sonora che accelera e decelera a seconda della struttura musicale-compositiva dei livelli. Ecco Nocturne.

Continuiamo con gli accenni e i tocchi impercettibili: Starseed Pilgrim è un titolo interessantissimo in cui la colonna sonora è creata (in)volontariamente dal giocatore stesso, che costruisce mondi sospesi nel vuoto, piantando semi da cui nascono blocchi sonori colorati. Dal silenzio scaturiscono dunque sinfonie di singole note ed accordi, immersi anch’essi nel vuoto. Seguendo lo stesso procedimento, Dualryan ha composto i brani contenuti nell’EP del gioco. Segue Starseed in Her Eyes.

Ritorniamo nello spazio (e dallo spazio non ci siamo mai allontanati, se è vero che una delle proprietà principali che caratterizza il medium videoludico in quanto tale è la spazialità, la possibilità di “vivere” (in) un ambiente) con Outer Wilds, titolo ancora in fase di sviluppo che permette, già allo stato attuale, di perlustrare diversi pianeti, alla ricerca di “viaggiatori” sperduti nel cosmo, esploratori che suonano uno strumento musicale attendendo la fine su isole sferiche in un mare in tempesta, all’apparenza calmo, rappresentato dall’universo stesso…

Botanicula è invece un’avventura grafica, la cui colonna sonora è stata composta dai grandi DVA, duo ceco contraddistinto da sonorità e immaginari particolarissimi, che ben si sposano con i mondi creati dagli sviluppatori di Amanita Design. Interessante l’uso dell’elemento vocale: quasi tutti i testi sono in una lingua inventata che fonde ceco, inglese e fantasia.

Andiamo un attimo all’inferno, un piccolo inferno non degno della maiuscola, un inferno quotidiano in cui a bruciare sono oggetti più o meno preziosi, più o meno importanti. Un Little Inferno ossessivo di solitudine reiterata, di implosioni silenziose e festose. Un inferno sempre a portata di mano, travestito con la familiarità del divertimento. La “maschera” del divertimento ricopre il disastro. Ricopre un mondo in macerie, in cui il “guadagno” è l’elemento capace di assuefare ad una realtà statica, ripresa con un’inquadratura altrettanto statica, perennemente fissa, immobile.

Siamo partiti dal Far West e al Far West ritorniamo, con SteamWorld Dig, titolo di Image&Form che mescola metroidvania, western e steampunk. Una colonna sonora più “morriconiana” di quella iniziale, come risulta chiaramente dal Main Theme.

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